Caio Fabbricio, Vienna, van Ghelen, 1729

 SCENA XI
 
 SESTIA
 
 SESTIA
490O dei! Che udii! Che vidi!
 Fu Volusio? Fu un’ombra? Il suon fu certo
 quel di sua voce; e ’l raggio
 quel fu degli occhi. Io l’ho nel cor. Ma l’armi,
 lo scudo, le divise
495son di nemico. Ah! Ch’egli è morto; e un’ombra
 mi disarmò... Ma s’ei vivesse?... E s’anco
 mel rendesser gli dei,
 mossi alfine a pietà de’ pianti miei?
 
   Mi diffido. Mi lusingo.
500Sento il male. Il ben mi fingo.
 Egro son, cui d’esser sano
 sembra alor che più delira.
 
    So che è inganno e credo al senso.
 L’impossibile amo e penso.
505E la credula speranza
 sta col ben che più sospira.
 
 Fine dell’atto primo