Caio Fabbricio, Vienna, van Ghelen, 1729

 SCENA III
 
 CAIO FABBRICIO con seguito di romani e i suddetti
 
 TURIO
 Qui l’orator nemico. (A Pirro)
 PIRRO
                                         Entri e m’assido. (Va sul trono)
 FABBRICIO
 Roma, che a te salute e se vuoi pace,
100re de l’Epiro, invia, si pregia e onora
 di aver trovato in Pirro
 un nemico che sia degno di lei.
 Nel passato conflitto
 vincesti, è ver, non debellasti; e tanto
105sangue ti costa il tuo trionfo istesso
 che, se a tal prezzo anche il secondo ottieni,
 temer puoi che al tuo regno
 non sia de’ tuoi chi vincitor te segua.
 Per Cinea, tuo legato,
110al romano Senato
 pace chiedesti. Odi. Ei risponde. Il piede
 traggi pria fuor d’Italia,
 che a te nulla appartien. De’ Tarentini
 e de’ Sanniti rei più non ti prenda
115pensier. Rendi i prigioni
 o per cambio o per prezzo. E poi si tratti
 pace e amistade in vicendevol patti.
 Ma sinché in terren nostro
 accamperan le tue falangi, s’anche
120diecimila Levini avessi vinti,
 ti farem guerra; e affolleransi i forti
 a dare il nome e ad empier le coorti.
 PIRRO
 Non credete, o Romani,
 che interesse mi tragga, odio mi spinga
125a far guerra con voi che degni siete
 d’esser, più che nemici, amici a Pirro.
 Questi ho tolti in difesa
 popoli a voi non servi. Essi l’han chiesta;
 io l’ho concessa; e vuol ragion che a l’uopo
130non si manchi agli oppressi.
 In lor pro m’interposi.
 Voi nol curaste e mia, col vostro sprezzo,
 la lor causa faceste
 e la migliore già approvar gli dei.
135Ma qual giustizia è mai che mi si parli
 di rendere i cattivi,
 se ancor de l’armi ritentar la sorte
 si dee? Restano l’ire;
 e le armerò, in mio danno,
140di sì prodi guerrieri,
 esacerbati da vergogna e pena?
 No no, vengasi a pace; e poi vi rendo
 prigioni, spoglie, armi, vessilli e quanto
 esser può testimon di mia vittoria.
145La ricchezza di Pirro è la sua gloria. (Scende Pirro dal trono)
 CINEA
 (Magnanimo rispose).
 TURIO
 (Dal suo dir spirò fasto).
 FABBRICIO
 Dunque...
 PIRRO
                      Or non più. Venga qui Sestia al padre. (Partono due delle sue guardie)
 Fabbricio, assai per Roma
150si dibatté.
 FABBRICIO
                      Già ne intendesti i sensi.
 PIRRO
 Ma tu i miei non appieno. In fra i doveri
 di cittadino, abbiano or luogo ancora
 quelli di padre.
 FABBRICIO
                               Non ricuso il dono;
 e da Sestia udrò lieto i nuovi esempi
155de la virtù di Pirro.
 TURIO
                                      (Oh! Se sapesse!)
 PIRRO
 A lei d’assidui pianti
 corron le gote e duol la preme acerbo.
 FABBRICIO
 Con sì debole cor sostien suoi casi?
 PIRRO
 Altro che prigionia forse l’affligge.
 FABBRICIO
160(Intendo). (Vien Sestia)
 PIRRO
                        Ella a te viene;
 e non mai più tranquille
 vidi sue belle luci e più serene.
 
    Fra le grazie di quel viso
 veggo il riso;
165ma v’è un’ombra ancor d’affanno.
 
    Quel dolor, Sestia, perché?
 Prigioniera, è ver, tu sei
 ma d’un re, non d’un tiranno. (Parte con Cinea e con Turio)