Mitridate, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA VIIl
 
 LADICE, ARISTIA e APAMEA
 
 LADICE
1280Contro necessità non val contrasto.
 Apamea, col tuo esempio
 mi acheto. Ad altro sposo
 penseremo per te; né questo giorno
 illustreran, qual già sperai, le tede
1285tue coniugali. A la felice Aristia
 serbata era tal sorte.
 ARISTIA
 Eh! Che ad Aristia ira è serbata e morte.
 LADICE
 Che? Temi ancor? Mi fai tal torto?...
 ARISTIA
                                                                    Il frutto
 questo è de’ mali miei, che meglio appresi
1290di apparenti lusinghe a non fidarmi.
 So la guerra con Roma,
 le speranze de l’Asia,
 i voti di Tigrane,
 i patti, i giuramenti, i rei sospetti.
1295Taccio Apamea, taccio la madre; impegni
 d’amor, di regno, di natura e d’odio,
 tutti son contra me. Né vuoi ch’io tema?
 Regina, una sì credula speranza
 de le miserie mie saria l’estrema.
 
1300   Sai quando in mar più teme
 il provvido nocchier?
 Quando più gonfia e freme
 senza alcun vento il mar.
 
    Sibilo alor non viene
1305d’austro feroce e rio
 le vele a lacerar;
 
    ma un rauco mormorio
 move le basse arene
 i flutti a intorbidar.