Caio Fabbricio, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA V
 
 PIRRO, SESTIA e CINEA
 
 CINEA
 In sì funesto amor che più ostinarti?
 PIRRO
1185Non anco ei giugne a disperar. Tu parti. (Cinea parte)
 SESTIA
 (Poiché salvo lunge è ’l mio ben, nulla si tema). (Da sé)
 PIRRO
 Sestia, ad esser ritorni
 mia prigioniera. Nol temevi e lieta
 col tuo Volusio ti affrettavi al Tebro,
1190in tuo cor numerando,
 tra i gaudi tuoi, l’onte di Pirro e l’ire.
 Ma t’ingannasti. Or con qual fronte qual discolpa, ingrata,
 il tuo re, che per tua colpa
 fatto è giudice tuo, potrai l’aspetto
 soffrir sostener? Qual discolpa
 da quella fuga avrai che t’hanno aperta
 solo i miei benefici?
 SESTIA
1195Re, lo dirò. Cotesti
 tuoi benefici mi serviano appunto
 di più cruccio e terror che i ceppi e i mali,
 onde aggravar del mio servaggio il peso
 potevi. Io ti vedea per desir vano
1200perderti ciecamente;
 e più che al proprio scampo,
 provvidi a la tua gloria.
 PIRRO
 Eh! Tanto la mia gloria
 non t’era a cor. L’amante,
1205che al tuo fianco trovai, l’amore, il rischio
 di lui d’ t’hanno sedotta; e in fuggir seco,
 a Volusio servisti e non a Pirro.
 SESTIA
 Più che non pensi, a te servii. Già posso Volusio Già posso,
 orché Volusio è salvo, osare e dirti
1210ciò che tratto dal cor mai non mi avrebbe
 né minaccia né pena.
 La morte, a cui ti tolse
 ne la pugna il suo error, qui dal suo braccio
 non avresti sfuggita. Io lo ritenni;
1215né potendo al tuo amor render amore,
 t’usai pietà per non parerti ingrata.
 Ciò ch’ei fece in tuo pro, Pirro, il vedesti;
 ciò che ancora in tuo danno
 ei potesse tentar, Sestia il sapea.
1220Egualmente io temea
 per te, per lui. Gli consigliai la fuga.
 Ma un gran ben non gli parve uscir di rischio
 senza me. Vinse amor. Vinse pietade.
 Se errai, caro è l’error. L’austero padre
1225rea mi rende a’ tuoi ceppi;
 ma Volusio ei ei mi salva, in cui ragione
 non avean l’armi tue. Questo a me basta.
 Non son nel peggior fato; e mi consola
 che, costretta a soffrir, soffrirò sola.
 PIRRO
1230Sola ancora...