Caio Fabbricio, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA XI
 
 SESTIA
 
 SESTIA
490O dei! Che udii! Che vidi!
 Fu Volusio? Fu un’ombra? Il suon fu certo
 quel di sua voce; e ’l raggio
 quel fu degli occhi. Io l’ho nel cor. Ma l’armi,
 lo scudo, le divise
495son di nemico. Ah! Ch’egli è morto; e un’ombra
 mi disarmò... Ma s’ei vivesse?... E s’anco
 mel rendesser gli dei,
 mossi alfine da pietà de’ pianti miei?
 
   Mi diffido. Mi lusingo.
500Sento il male. Il ben mi fingo.
 Egro son, che cui d’esser sano
 sembra alor che più delira.
 
    So che è inganno e credo al senso.
 L’impossibile amo e penso.
505E la facile credula speranza
 sta col ben che più sospira.
 
 Fine dell’atto primo