Caio Fabbricio, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA VIII
 
 PIRRO e FABBRICIO seguiti da alquante guardie, due delle quali recano poi due sedie
 
 PIRRO
 E a sostener la guerra,
 vedi, qui ha Pirro accolti ampi tesori.
 FABBRICIO
 I tesori dei re sono gli amici.
 PIRRO
350Mancar possono amici, ove è ricchezza?
 FABBRICIO
 No, se al merito in seno ella si spande,
 ma che gl’indegni arricchir non è da grande.
 PIRRO
 Partite; e qui sediamci. (Le guardie si ritirano)
 L’armi, che ho mosse da l’onor costretto,
355non mi levan dal cor che i tuoi non ami brami
 cittadini in amici e te più ch’altri,
 per senno e per valor famoso e chiaro.
 Sdegnomi con fortuna,
 tanto a te de’ suoi beni
360ingiustamente avara. Io de’ suoi torti
 soffrir non vo’ che più t’aggravi il peso.
 FABBRICIO
 Se pensi...
 PIRRO
                      Attendi. In mia real grandezza
 di nulla più mi pregio
 che nel farne buon uso.
365Per lo più l’indigenza
 preme i migliori; e chi ha ’l poter di trarli
 di miseria e nol fa, mal degli dei
 le veci adempie. Or dove
 collocar potrei meglio
370i lor doni che in te? Tuoi sien quest’ori,
 sien tue queste gemme. Io Io cosa a te indegna non esiggo non esiggo, [illeggibile] offrendo,
 cosa indegna in mercede.
 Contro di Pirro a Roma
 servi e al dover. Non compro la tua fede.
 FABBRICIO
375Gran re, che’io in lari angusti
 regga la mia famiglia e la nutrichi
 di parchi cibi in orticel raccolti,
 del de’ miei sudori asperso,
 è ver. Non però senso
380di povertà mi turbò mai; né questa
 mi fu inciampo a salir que’ gradi eccelsi
 che ai i più degni han fra noi, dia in guerra o in pace dia in guerra...
 La patria dia Roma La patria...
 PIRRO
 Sì; ma con qual lustro?...
 FABBRICIO
                                                Attendi.
 Tutto il ricco apparato,
385che al decoro convien de’ magistrati
 e dei pubblici uffici, a le famiglie
 non son di aggravio. Eburnee selle e fasci
 littori e servi e saghi e toghe e quanto è d’uopo
 Roma a noi somministra. Ella n’è madre
390comun. Nostro è ’l suo erario. In lei siam ricchi.
 Qual dunque a me da’ tuoi tesori e doni
 commodo e pro, quando soverchi e vani
 a me son nel privato
 e nel pubblico stato?
395Accettandoli, o re, que’ perderei
 che son veri tesori e beni miei.
 PIRRO
 Magnanimo Fabbricio, [illeggibile] un tal ravviso
 valor nel tuo rifiuto
 che, per esserti amico,
400già m’obblio d’esser re. Del cor di Pirro
 giustifica gli affetti
 la beltà de la figlia
 e la virtù del padre.
 Chiamisi Sestia. Io l’amo.
 FABBRICIO
405Che? Tu di Sestia amante?
 PIRRO
 Sì, per farla regnante.
 Sia in tua mano la pace
 e di Pirro e di Roma;
 né ravvisar si sappia in tal destino,
410se miglior fosti padre o cittadino.
 
    Dona la pace a Roma,
 rendi il riposo a un re;
 tanta non contrastar sorte a la figlia.
 
    Certa non ascoltar
415ruvida austerità
 che par virtù e non è
 se, in altrui danno e tuo, mal ti consiglia.