Caio Fabbricio, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA VII
 
 VOLUSIO in abito di soldato macedone con uno scudo dietro le spalle
 
 VOLUSIO
 Io vivo ancora, o dei quiriti; e vivo,
 vostra mercé, perché corregga un fallo
 del braccio e non del core.
325Generoso fu il colpo
 ma la vittima errai.
 Raggiugnerolla. Oh! Fra tue guardie i’ possa
 qui sorprenderti ancor. Tremane, o Pirro,
 e per Sestia e per Roma. In tua ruina
330due furie ho al fianco e basteria una sola.
 Quest’armi e queste spoglie
 fan parermi macedone ma il core
 e sente e sa d’esser romano. Sestia,
 bando a le amare angosce.
335In tua aita, in mia gloria, a miglior fato
 gl’immortali del Tebro
 custodi dei, Volusio han riserbato.
 
    Anima del mio core,
 frena le belle care lagrime
340né sospirar per me.
 
    Pien di coraggio e amore
 vivo, idol mio, consolati;
 vivo a la patria e a te.
 
 (Vien Pirro e seco è ’l padre
345di Sestia. O inciampo! È forza
 ch’io l’ire affreni e inosservato attenda). [illeggibile] (Si ritira)