Mitridate, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA ULTIMA
 
 LADICE, poi APAMEA, GORDIO, OSTANE e i suddetti
 
 LADICE
                                                           Oimè!
 Fermati. Oimè! Vanne, empia tazza, e teco
1635la venefica gemma.
 FARNACE
 Viene a sturbarmi questa furia ancora?
 MITRIDATE
 Ladice
 LADICE
                O dolce figlia! O cara Eupatra!
 Io t’ho quasi in un punto
 ritrovata e perduta.
 ARISTIA
1640(Son fuor di me).
 MITRIDATE
                                   Che dici? (A Ladice)
 LADICE
 Mitridate, sì, questa è quella Eupatra,
 pianta da me vent’anni.
 Il ciel m’ebbe pietà, quand’io più indegna
 n’era. Viscere mie, t’ho quasi uccisa
1645col reo veleno in quell’anel racchiuso.
 Qual pianto, qual supplizio
 purgato avria sì abbominevol colpa?
 FARNACE
 (Falso non era il suo dolor).
 ARISTIA
                                                    Regina,
 madre non l’oso ancor, né ciò ch’io pensi
1650né ciò che dica or so. Passar repente
 dall’esser di tua serva a quel di figlia?
 MITRIDATE
 Principessa, se i forti
 riguardi dell’impero
 mi rendettero avverso a’ tuoi desiri,
1655questo, che senza inganno
 nel soave tuo sposo a te offerisco,
 pregevol dono ogni altro error corregga.
 ARISTIA
 Per lui, gran re, mali soffersi e mali
 maggiori soffrirei.
 FARNACE
1660Reser giustizia al nostro amor gli dei.
 APAMEA
 Salva sei; pur t’abbraccio.
 ARISTIA e APAMEA A DUE
 Mia diletta germana. (Si abbracciano)
 GORDIO
 In te Gordio anche onori
 la suora di Tigrane.
 OSTANE
1665Si lasci anche ad Ostane
 goder, se pianse. Aristia,
 che Aristia sempre a me sarai.
 ARISTIA
                                                          D’amore
 e tu sempre a me padre.
 GORDIO
 Quanti a noi beni apporta un sì felice
1670discoprimento!
 FARNACE
                               A te assicura un figlio. (A Mitridate)
 ARISTIA
 A me consorte e madre.
 LADICE
 Odio in me spegne e lutto.
 APAMEA
 Reca pace al mio amor.
 DORILAO
                                             Speranze al mio.
 MITRIDATE
 Ma tante gioie in me ricadon tutte
1675quai linee in centro. I patti
 così serbo a Tigrane,
 unendo il figlio alla real germana,
 per dover poi meglio far guerra a Roma
 e di lauri più illustri ornar la chioma.
 
1680   Lieti godano gli amori;
 e poi Marte i suoi furori
 svegli all’armi e intuoni guerra.
 
    Dall’Arasse e dall’Eusino
 scenda il turbine e vicino
1685tu il paventa, ausonia terra.
 
 Il fine del «Mitridate»