| SCENA VI |
|
| MITRIDATE sedente ad un tavolino |
|
| MITRIDATE |
| Son io più Mitridate? Irresoluti |
| perché così, miei forti affetti? Io quasi |
1545 | più non mi riconosco. |
| Non furono più giuste |
| mai l’ire mie. Puniti |
| ho cori meno perfidi. Se questa |
| viltà, se queste smanie |
1550 | tu sapessi, o Farnace... Ah! Qual nell’alma (Si ferma alquanto) |
| vienmi pensier!... Così convien. Si faccia; (Risoluto) |
| e se possibil fia, basti al mio sdegno |
| che dia pianto, non sangue, il figlio indegno. (Si leva) |
|
| Quest’anima atroce |
1555 | ancor non sapea |
| che fosse pietà. |
|
| Nell’atto feroce |
| di perder un figlio |
| già il sente e lo sa. (Nell’atto di voler ripigliar l’aria, viene interrotto dalla sinfonia dell’accompagnamento che segue. Preceduti da lungo corteggio di popoli e di soldati e da una allegra sinfonia, accompagnati dipoi da coro e da ballo, si avanzano sopra una macchina luminosa e riccamente ornata, la quale rappresenta la reggia del Piacere e dell’Allegrezza, Farnace ed Aristia nell’alto di essa seduti, con coro a’ piedi de’ musici che formano il coro. Giù per le logge calano nello stesso tempo dall’una e dall’altra parte le guardie reali) |
|
|
|
|