Mitridate, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA lI
 
 DORILAO e poi APAMEA
 
 DORILAO
1390Tanto agli affetti altrui diedi sinora
 che il mio... Vien chi l’accese.
 APAMEA
 
    Dimmi il vero, or che siam soli;
 amor mio, come stai tu?
 
    Di’ se piangi il ben che perdi
1395o se è ver che ti consoli
 una misera virtù.
 
 DORILAO
 Sì pensosa, Apamea?
 APAMEA
                                          Dimmi: «E sì mesta?»
 DORILAO
 Di che?
 APAMEA
                  E mel chiedi? Amo Farnace e il perdo.
 DORILAO
 Non credea che potesse esserti in pena
1400opra ch’era in tuo voto.
 APAMEA
 Eh, prence, altro è il dovere, altro è l’amore;
 il dover fa i suoi sforzi;
 ma l’amor si risente; e alfin vien tempo
 che si accorge del danno e ne sospira.
 DORILAO
1405Ma se ne pente allor?
 APAMEA
                                          No, che il pentirsi
 senza pro gli torria quel suo di gloria
 miserabil conforto.
 DORILAO
 Ti ammiro e ti compiango.
 APAMEA
 Pietà rendanmi tutti; un fido amante
1410siami in util consiglio e diami pace.
 DORILAO
 Cancella di Farnace
 l’immagine dal core.
 APAMEA
 Sì altamente vi sta che ne dispero.
 DORILAO
 Altra ponvi in sua vece.
 APAMEA
1415Ma qual? Di merto almeno egual l’addita.
 DORILAO
 Di tanto io non mi pregio.
 Ma se conti in mio pro la lunga fede,
 le sofferenze...
 APAMEA
                             È questo
 quel generoso amor, ch’io ti richiesi,
1420di amar sempre Apamea, più che te stesso?
 DORILAO
 Nol feci in ubbidirti?
 Per un rival mi esposi,
 e ciò ch’è più, per un rival che amavi.
 APAMEA
 Perché appunto io l’amava,
1425quest’era il tuo dover.
 DORILAO
                                           Di Mitridate
 l’ire in me provocai.
 APAMEA
                                        Qual è l’amante,
 cui per l’amato oggetto
 non sia caro il morir? Lo vantan tutti;
 e se pochi lo fan, vuoi tu de’ vili
1430seguir l’esempio? Onorerò, se muori,
 di lagrime il tuo rogo
 e la tua tomba spargerò di fiori.
 DORILAO
 Pietosa inver mercede!
 APAMEA
 Ritienti il tuo consiglio e vanne omai
1435e sollecita pur le per me infauste
 nozze, onde alcun di speme
 adito non mi resti.
 DORILAO
 E poi verrò dal tuo dolore a udirne
 rimproveri e querele...
 APAMEA
1440E a soffrirle e a compiangere il mio amore
 e del tuo non parlar.
 DORILAO
                                        Beltà crudele!
 
    Quando a voler amar s’indusse il core,
 piacer mi presentò, mi ascose affanno.
 
    Or che penando ei sta: «Cor mio» gli dico
1445«meschin, mi fai pietà, se il tuo fu errore;
 crudel, sdegno mi fai, se il tuo fu inganno».