Mitridate, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IX
 
 LADICE, APAMEA e GORDIO
 
 APAMEA
 Possibile, o regina,
 che a te soffrisse il cor?
 LADICE
                                             Figlia non vidi
 più di te attenta a rendersi infelice.
 APAMEA
1315Il so; ma così vuole il mio destino. (Si parte)
 LADICE
 Povera figlia! Gordio,
 non hai voce, non moto.
 Sembri fuor di te stesso.
 GORDIO
 Com’ esserlo non posso,
1320sconsolato e deluso
 in amore e in vendetta?
 LADICE
 Conviene anche a chi regna
 servire al tempo e accomodarsi ai casi.
 Molte, erte, oblique del regnar le vie
1325sono; e di penetrarle è dato a pochi.
 Volerne giudicar dall’apparenze
 tira spesso ad inganno.
 Né creder già che per goder la sorte
 del mio regio favor, giunger tu debba
1330primo a saper ciò che rivolgo in mente.
 I grandi arcani appunto
 si tacciono ai più cari
 che i più facili sono a palesarli,
 non perché loro manchi
1335il zelo di tacer; ma l’arte manca,
 lasciandosi tradir, senza avvedersi,
 or da un mezzo sorriso, or da una tronca
 parola, or anche dal silenzio istesso.
 Metti l’alma in riposo; ed or che gli altri
1340gravi affari compisti,
 sovvengati di Ostane e a me lo guida.
 GORDIO
 Traccia ne tengo assai sicura e fida.
 LADICE
 
    Affetti ancor dolenti
 di madre e di regina,
1345sarete alfin contenti?
 Nol so; ma cauta adopro arte ed ingegno.
 
    Calmatevi; e vedrete
 per vie lontane e chete
 condurvi a lieto fine amore e sdegno.