Mitridate, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA VIIl
 
 LADICE, ARISTIA e APAMEA
 
 LADICE
 Contro necessità non val contrasto.
 Apamea, col tuo esempio
 mi acheto. Ad altro sposo
1285penseremo per te; né questo giorno
 illustreran, qual già sperai, le tede
 tue coniugali. Alla felice Aristia
 serbata era tal sorte.
 ARISTIA
 Eh, che ad Aristia ira è serbata e morte.
 LADICE
1290Che? Temi ancor? Mi fai tal torto?...
 ARISTIA
                                                                    Il frutto
 questo è de’ mali miei, che meglio appresi
 di apparenti lusinghe a non fidarmi.
 So la guerra con Roma,
 le speranze dell’Asia,
1295i voti di Tigrane,
 i patti, i giuramenti, i rei sospetti.
 Taccio Apamea, taccio la madre; impegni
 di amor, di regno, di natura, d’odio,
 tutti son contra me. Né vuoi ch’io tema?
1300Regina, una sì credula speranza
 delle miserie mie saria l’estrema.
 
    Sai quando in mar più teme
 il provvido nocchier?
 Quando più gonfia e freme,
1305senza alcun vento il mar.
 
    Sibilo allor non viene
 d’austro feroce e rio
 le vele a lacerar;
 ma un rauco mormorio
1310move le basse arene
 i flutti a intorbidar.