Mitridate, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA V
 
 FARNACE e ARISTIA
 
 ARISTIA
 Vedi se può fortuna
1205far peggio in nostro danno.
 FARNACE
 In questo non saremmo aspro destino,
 se tu...
 ARISTIA
                Risparmia affanni
 a chi è presso a morir.
 FARNACE
                                           Tanti fec’io
 sforzi in comun salvezza; e saran questi
1210cagion della tua morte e della mia?
 ARISTIA
 No, Farnace. In me sola
 finiranno tant’ire.
 Gl’interessi del regno,
 i riguardi del sangue,
1215gli affetti di Apamea, Ladice, tutti
 parleranno per te. Vivrai. Tu il devi
 a tanti voti; al mio pur anche il devi.
 Né temer che io nud’ombra
 ti venga a rinfacciar mesta e sdegnosa
1220altro amore, altra fede ed altra sposa.
 FARNACE
 Oh, se volesse mai rabbia di sorte
 dividerne per morte,
 non ad altro vivrei che a vendicarti.
 Correr farei di sangue
1225i domestici lari;
 confonderei più stragi in una; e d’ossa
 tronche ed informi un rogo sol farei;
 e a gittar poscia nell’orribil fiamma,
 chiamando Aristia, anche me stesso andrei.
 
1230   Sì. Vorrei, mio solo amore,
 vendicarti e poi morir.
 
 ARISTIA
 
    No. Mi fai già di dolore
 sol col dirlo, o dio! languir.