Mitridate, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA PRIMA
 
 OSTANE
 
 OSTANE
 Ben fu egizio e fatal per me quel giorno,
 in cui vinto da preghi e da lusinghe
 presi in custodia chi dovea costarmi
 tanto disagio e affanno. Ah, che men grave
670peso e fatica è aver sul capo un monte
 che in sua cura tener vaga fanciulla.
 Chi detto me l’avria? Quella che m’era
 di conforto in miseria e in servitude,
 di virtù parea specchio e di onestade.
675Ma l’apparenza inganna; e tali sono
 le reti e i lacci, che a beltà son tesi,
 che alfin per qualche via forza è che inciampi.
 Dopo un vano cercarla, io qui men venni,
 ultima meta de’ miei lunghi errori.
680Or con qual fronte a Gordio
 mi offrirò? Qual di Aristia
 conto gli renderò? Poc’anzi il vidi
 e nella turba mi celai per tema
 d’esser sorpreso. Aristia, oh, qual mi hai resa
685mercede! Io più che padre
 ti fui. Tu a me furtiva... Ah, questo, questo
 de’ miei danni è il più greve,
 che m’hai schernito; e pur saper dovea
 che cor di figlia è mobil cosa e lieve.
 
690   Vedea modesto volto;
 sguardo vedea raccolto;
 tutto virtù parea;
 ma il cor, che non vedea,
 fu quel che m’ingannò.
 
695   Venga beltà e si vanti
 che non conosce amore
 e che non cura amanti;
 più non mi fiderò.