Mitridate, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA VI
 
 LADICE, ARISTIA e GORDIO
 
 LADICE
 Aristia così mesta?
 ARISTIA
 Io! Di che? Sii più giusta. Ai tuoi contenti
 altra non hai che più gioisca. Amore
 feliciti i diletti
575della coppia real. Pronuba Giuno
 il talamo ne infiori; e lieta danza
 vi guidino d’intorno
 la cipria diva e le sue grazie ancelle.
 GORDIO
 Come ben finger sa! (A Ladice)
 LADICE
                                         No, Gordio. Gli occhi
580m’apre alfin disinganno. Esco di errore.
 Per Farnace in Aristia
 fu amistà, non amore.
 Non è così? (Ad Aristia)
 ARISTIA
                         Così, o regina.
 LADICE
                                                     Il suo (A Gordio)
 ragionar con Farnace
585era in pro d’Apamea. Quanto ti deggio! (Ad Aristia)
 ARISTIA
 Più che non pensi. (A Ladice)
 LADICE
                                      A lei strale amoroso (A Gordio)
 mai non giunse a ferir l’alma pudica.
 Non è egli ver? (Ad Aristia)
 ARISTIA
                                Di libertà mi pregio.
 LADICE
 Tu, che hai libero il cor, gradisci il degno
590sposo che t’offro in Gordio. Egli ti adora.
 ARISTIA
 (Ahi, qual nova tirannide!)
 LADICE
                                                    Vuoi fede?
 Ricchezze? Dignità? Favor? V’è tutto.
 Sia l’amor tuo dell’amor suo mercede,
 Ladice ti rivegga a lui consorte;
595o amante di Farnace ancor ti crede.
 
    Lo sposo accetta; e poi
 la cara, la diletta,
 dirò, sarai per me.
 
    Ama il mio dono; e poi
600le grazie mie dal trono
 scenderan sol per te.