Mitridate, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA III
 
 LADICE con guardie, GORDIO e APAMEA
 
 LADICE
 Vedila mesta. E che ogni via non tenti (A Gordio in disparte)
 per suo riposo? Eh, figlia,
60que’ begli occhi di terra alza e qui mira
 Gordio, di fausti eventi
 dai lidi armeni apportator felice.
 GORDIO
 Sì, da que’ lidi, ove, o gran donna, ancora
 col tuo figlio real regna il tuo nome.
 LADICE
65Caro Tigrane! Oh, fosse
 agli amplessi materni
 venuto anch’egli!
 APAMEA
                                  Oh, a’ miei pur anco il caro
 sospirato germano!
 LADICE
 Ei dunque assente (A Gordio)
70alla guerra con Roma?
 GORDIO
                                           E il nodo illustre
 di Apamea con Farnace
 unirà i due regnanti all’alta impresa.
 LADICE
 Apamea, sei beata.
 APAMEA
                                      (Ah, per mia pace
 manca il voto miglior, quel di Farnace).
 LADICE
75Lieta madre or potria dirsi Ladice,
 se in rivederti, della sua perduta
 Eupatra, oh dio, la rimembranza amara
 non la turbasse. E pur dieci anni e dieci
 son corsi omai, dacché ne piango il danno.
 GORDIO
80Spera. Chi sa? Tra il popol vario e folto
 di Eraclea questa mane
 veder mi parve Ostane.
 APAMEA, LADICE A DUE
 Ostane?
 GORDIO
                   Sì, quel generoso scita,
 cui nella notte, che improvvisi e cheti
85ne assaliro i Romani,
 in Colchide fidai l’alma fanciulla,
 senza svelarne la fortuna e il nome,
 perché di tanta spoglia
 men gisse altero il vincitor.
 LADICE
                                                    O cieli!
90Che non correr a lui? Che della figlia
 non chiedergli?...
 GORDIO
                                   Il potea, da guardie cinto
 pontiche e armene e atteso
 dal nostro re?
 LADICE
                            Gordio, deh, stanne in traccia
 e il guida a me. Troppo mi preme i casi
95saper d’Eupatra; e s’ami Aristia ancora...
 GORDIO
 Se l’amo? E il chiedi?
 LADICE
                                          L’imeneo del prence
 può farla tua. S’ei non s’adempie, inciampo
 temi possente al tuo riposo e al mio.
 Tu non m’intendi e dirlo non poss’io.
 GORDIO
 
100   Non intendo;
 ma serpendo mi va in seno
 certo gelido veleno,
 novo cruccio al mesto cor.
 
    Ei penò finor negletto;
105e dispetto lo agitò;
 or qual fia che a più crucciarlo
 vien sospetto e vien furor?