Mitridate, Vienna, van Ghelen, 1728

 SCENA IX
 
 LADICE, APAMEA e GORDIO
 
 APAMEA
 Possibile, o regina,
 che a te soffrisse il cor?...
 LADICE
                                                Figlia non vidi
 più di te attenta a rendersi infelice.
 APAMEA
 Il so; ma così vuole il mio destino. (Parte)
 LADICE
1315Povera figlia! Gordio,
 non hai voce, non moto.
 Sembri fuor di te stesso.
 GORDIO
 Com’esserlo non posso,
 sconsolato e deluso
1320in amore e in vendetta?
 LADICE
 Conviene anche a chi regna
 servire al tempo e accomodarsi ai casi.
 Molte, erte, oblique del regnar le vie
 sono; e di penetrarle è dato a pochi.
1325Volerne giudicar da l’apparenze
 tira spesso ad inganno.
 Né creder già che, per goder la sorte
 del mio regio favor, giugner tu debba
 primo a saper ciò che rivolgo in mente.
1330I grandi arcani appunto
 si tacciono ai più cari
 che i più facili sono a palesarli,
 non perché loro manchi
 il zelo di tacer; ma l’arte manca,
1335lasciandosi tradir, senza avvedersi,
 or da un mezzo sorriso, or da una tronca
 parola, or anche dal silenzio stesso.
 Metti l’alma in riposo; ed or che gli altri
 gravi affari compisti,
1340sovvengati di Ostane e a me lo guida.
 GORDIO
 Traccia ne tengo assai sicura e fida.
 LADICE
 
    Affetti ancor dolenti
 di madre e di regina,
 sarete alfin contenti?
1345Nol so; ma cauta adopro arte ed ingegno.
 
    Calmatevi; e vedrete
 per vie lontane e chete
 condurvi a lieto fine amore e sdegno.