Mitridate, Vienna, van Ghelen, 1728

 SCENA VIIl
 
 LADICE, ARISTIA e APAMEA
 
 LADICE
 Contro necessità non val contrasto.
 Apamea, col tuo esempio
 mi acheto. Ad altro sposo
 penseremo per te; né questo giorno
1285illustreran, qual già sperai, le tede
 tue coniugali. A la felice Aristia
 serbata era tal sorte.
 ARISTIA
 Eh! Che ad Aristia ira è serbata e morte.
 LADICE
 Che? Temi ancor? Mi fai tal torto?...
 ARISTIA
                                                                    Il frutto
1290questo è de’ mali miei, che meglio appresi
 di apparenti lusinghe a non fidarmi.
 So la guerra con Roma,
 le speranze de l’Asia,
 i voti di Tigrane,
1295i patti, i giuramenti, i rei sospetti.
 Taccio Apamea, taccio la madre; impegni
 di amor, di regno, di natura e d’odio,
 tutti son contra me. Né vuoi ch’io tema?
 Regina, una sì credula speranza
1300de le miserie mie saria l’estrema.
 
    Sai quando in mar più teme
 il provvido nocchier?
 Quando più gonfia e freme
 senza alcun vento il mar.
 
1305   Sibilo alor non viene
 d’austro feroce e rio
 le vele a lacerar;
 
    ma un rauco mormorio
 move le basse arene
1310i flutti a intorbidar.