Mitridate, Vienna, van Ghelen, 1728

 SCENA V
 
 FARNACE e ARISTIA
 
 ARISTIA
 Vedi se può fortuna
 far peggio in nostro danno.
 FARNACE
1205In questo non saremmo aspro destino,
 se tu...
 ARISTIA
                Risparmia affanni
 a chi è presso a morir.
 FARNACE
                                           Tanti fec’io
 sforzi in comun salvezza; e saran questi
 cagion de la tua morte e de la mia?
 ARISTIA
1210No, Farnace. In me sola
 finiranno tant’ire.
 Gl’interessi del regno,
 i riguardi del sangue,
 gli affetti d’Apamea, Ladice, tutti
1215parleranno per te. Vivrai. Tu ’l devi
 a tanti voti, al mio pur anche il devi.
 Né temer ch’io nud’ombra
 ti venga a rinfacciar mesta e sdegnosa
 altro amore, altra fede ed altra sposa.
 FARNACE
1220Oh! Se volesse mai rabbia di sorte
 dividerne per morte,
 non ad altro vivrei che a vendicarti.
 Correr farei di sangue
 i domestici lari;
1225confonderei più stragi in una; e d’ossa
 tronche ed informi un rogo sol farei;
 e a gittar poscia ne l’orribil fiamma,
 chiamando Aristia, anche me stesso andrei.
 
    Sì. Vorrei, mio solo amore,
1230vendicarti e poi morir.
 
 ARISTIA
 
    No. Mi fai già di dolore
 sol col dirlo, o dio! languir.