Mitridate, Vienna, van Ghelen, 1728

 SCENA VI
 
 LADICE, ARISTIA e GORDIO
 
 LADICE
 Aristia così mesta?
 ARISTIA
570Io? Di che? Sii più giusta. Ai tuoi contenti
 altra non hai che più gioisca. Amore
 feliciti i diletti
 de la coppia real. Pronuba Giuno
 il talamo ne infiori; e lieta danza
575vi guidino d’intorno
 la cipria diva e le sue grazie ancelle.
 GORDIO
 Come ben finger sa! (A Ladice)
 LADICE
                                         No, Gordio. Gli occhi
 m’apre alfin disinganno. Esco d’errore.
 Per Farnace in Aristia
580fu amistà, non amore.
 Non è così? (A Aristia)
 ARISTIA
                         Così, o regina.
 LADICE
                                                     Il suo (A Gordio)
 ragionar con Farnace
 era in pro d’Apamea. Quanto ti deggio! (Ad Aristia)
 ARISTIA
 Più che non pensi. (A Ladice)
 LADICE
                                      A lei strale amoroso (A Gordio)
585mai non giunse a ferir l’alma pudica.
 Non è egli ver? (Ad Aristia)
 ARISTIA
                                Di libertà mi pregio.
 LADICE
 Tu che hai libero il cor, gradisci il degno
 sposo che t’offro in Gordio. Egli ti adora.
 ARISTIA
 (Ahi! Qual nuova tirannide!)
 LADICE
                                                       Vuoi fede?
590Ricchezze? Dignità? Favor? V’è tutto.
 Sia l’amor tuo de l’amor suo mercede.
 Ladice ti rivegga a lui consorte;
 o amante di Farnace ancor ti crede.
 
    Lo sposo accetta; e poi
595la cara, la diletta,
 dirò, sarai per me.
 
    Ama il mio dono; e poi
 le grazie mie dal trono
 scenderan sol per te.