Mitridate, Vienna, van Ghelen, 1728

 SCENA XI
 
 FARNACE e DORILAO
 
 FARNACE
385Andiamo; e a fronte d’un poter tiranno
 il pudico amor mio vinca e trionfi.
 DORILAO
 Cauti consigli, o prence...
 In tal destin sceglier ti giovi. Il danno
 accrescono gli audaci.
 FARNACE
                                          Eh! Di salute
390non ho altra via che il perdermi.
 DORILAO
                                                             E ti perdi,
 se al genitor contrasti. A lui ne’ primi
 impeti poco costa il dar comandi
 che la natura oltraggino. I rimedi,
 che non trova la forza, appresta il tempo.
395Se di te non ti move
 pietà, quella ti vinca
 del periglio di Aristia.
 Cedi per meglio vincere.
 FARNACE
                                                E sì vile
 sarò?...
 DORILAO
                 Poi penseremo i più sicuri
400mezzi a sfuggir periglio e uscir d’affanno.
 FARNACE
 Lasciami. O crudel donna!
 O cara Aristia! O genitor tiranno!
 
    Se mi togliete quella,
 che è vostro dono, o dei,
405alma innocente e bella,
 tutte le colpe mie vostre saranno.
 
    A voi non fanno oltraggio
 i casti affetti miei;
 anzi adorando in lei
410del vostro lume un raggio, onor vi fanno.
 
 Ballo di armeni e di eracleensi, i quali festeggiano l’alleanza fra i loro sovrani.
 
 Fine dell’atto primo