Mitridate, Vienna, van Ghelen, 1728

 SCENA V
 
 LADICE, poi MITRIDATE, FARNACE, ARISTIA, seguito di capitani, di soldati, eccetera
 
 LADICE
125(Nel dolor de la figlia
 sa Ladice i suoi torti.
 Ma tace ancor. Sia quanto vuole accorto,
 non fuggirà al mio sguardo
 quell’oltraggioso amor ch’arde in due petti.
130Basta... Accertar vo’ meglio i miei sospetti).
 MITRIDATE
 Regina, ecco in Farnace
 di Mitridate un degno erede. In esso
 ringiovinisco; e con tal figlio al fianco
 Roma più mi paventi.
135Tu qual madre l’accogli; e in lui non tanto
 di Mitridate il sangue
 che il suo valor, le sue vittorie onora.
 ARISTIA
 (Più bello il trovo in tanta gloria).
 LADICE
                                                               Illustre
 germe di chi fra i re primo risplende,
140vieni agli amplessi... (Si avanza verso Farnace)
 FARNACE
                                         Un tanto onor, perdona, (Ritirandosi modestamente)
 l’opre mie troppo eccede,
 se pur son opre mie quelle che han fatte
 l’armi del padre, la fortuna e ’l nome.
 LADICE
 (Modestia ostenta e livor copre).
 MITRIDATE
                                                             A tempo
145qui ’l ciel ti trasse. Oggi l’Armenia e ’l Ponto
 hanno a segnar di stabil pace i patti.
 Roma, che sovra i re d’alzar pretende
 un tirannico giogo,
 ne tremerà. Tu ancora
150udrai...
 FARNACE
                 No, sire. A me vassallo e figlio
 non convien che ubbidir. Non entro a parte
 de’ tuoi gravi consigli. Addottrinato
 dal lungo uso del regno e da cotanti
 ravvolgimenti de la varia sorte,
155a tuo piacer disponi
 e di guerra e di pace,
 e dirò ancor di questa
 vita. Tu padre, tu signor mi sei.
 Sol lascia in libertà gli affetti miei.