Mitridate, Vienna, van Ghelen, 1728

 SCENA III
 
 LADICE con guardie, GORDIO e APAMEA
 
 LADICE
 Vedila mesta. E che ogni via non tenti (A Gordio in disparte)
 per suo riposo? Eh! Figlia,
60que’ begli occhi di terra alza e qui mira
 Gordio, di fausti eventi
 dai lidi armeni apportator felice.
 GORDIO
 Sì, da que’ lidi, ove, o gran donna, ancora
 col tuo figlio real regna il tuo nome.
 LADICE
65Caro Tigrane! Oh! Fosse
 agli amplessi materni
 venuto anch’egli!
 APAMEA
                                  Oh! A’ miei pur anco il caro
 sospirato germano!
 LADICE
                                      Ei dunque assente (A Gordio)
 a la guerra con Roma?
 GORDIO
                                           E ’l nodo illustre
70di Apamea con Farnace
 unirà i due regnanti a l’alta impresa.
 LADICE
 Apamea, sei beata.
 APAMEA
                                      (Ah! Per mia pace
 manca il voto miglior, quel di Farnace).
 LADICE
 Lieta madre or potria dirsi Ladice,
75se in rivederti, della sua perduta
 Eupatra, oh dio, la rimembranza amara
 non la turbasse. E pur dieci anni e dieci
 son corsi omai, dacché ne piango il danno.
 GORDIO
 Spera. Chi sa? Tra ’l popol vario e folto
80di Eraclea, questa mane
 veder mi parve Ostane.
 APAMEA, LADICE
 Ostane?
 GORDIO
                   Sì, quel generoso scita,
 cui ne la notte, che improvvisi e cheti
 ne assaliro i Romani,
85in Colchide fidai l’alma fanciulla,
 senza svelarne la fortuna e ’l nome,
 perché di tanta spoglia
 men gisse altero il vincitor.
 LADICE
                                                    O cieli!
 Che non correr a lui? Che de la figlia
90non chiedergli?...
 GORDIO
                                   Il potea, da guardie cinto
 pontiche e armene e atteso
 dal nostro re?
 LADICE
                            Gordio, deh! stanne in traccia
 e ’l guida a me. Troppo mi preme i casi
 saper d’Eupatra; e s’ami Aristia ancora...
 GORDIO
95Se l’amo? E ’l chiedi?
 LADICE
                                          L’imeneo del prence
 può farla tua. S’ei non s’adempie, inciampo
 temi possente al tuo riposo e al mio.
 Tu non m’intendi e dirlo non poss’io.
 GORDIO
 
    Non intendo;
100ma serpendo mi va in seno
 certo gelido veleno,
 nuovo cruccio al mesto cor.
 
    Ei penò finor negletto;
 e dispetto lo agitò;
105or qual fia che a più crucciarlo
 vien sospetto e vien furor?