Ornospade, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XVII
 
 ARTABANO e ANILEO
 
 ARTABANO
 Lo credo appena. Udisti?
 Mi ha deluso l’iniquo. Era egli amante?
790Negar dovea, dovea scusarsi e meno
 dal rifiuto temer che dall’inganno.
 Nol fece, sì gli piacque alzar su l’onte
 d’un rival coronato il suo trionfo.
 ANILEO
 Fosse questo, o mio sire, il suo gran fallo
795ma...
 ARTABANO
             Che?
 ANILEO
                         Sul labbro mio parrà l’accusa
 livore, odio, menzogna.
 ARTABANO
 Di Anileo mi fu sempre
 sincero il zelo.
 ANILEO
                             Anzi vorrei più vite
 perder che a te mentir. Sanno gli dei
800che del mio re solo mi spinge affetto
 cosa a dir che taciuta è in sua rovina.
 ARTABANO
 Parla. Già freddo in sen serpe il sospetto.
 ANILEO
 D’Ornospade, o signor, fu nel suo esiglio
 Roma il soggiorno.
 ARTABANO
                                     Io nol sapea.
 ANILEO
                                                              D’affetto
805colà si strinse a cesare ed a’ figli
 profughi di Fraate,
 te dal paterno impero
 sempre attenti a scacciar.
 ARTABANO
                                                 Tiberio e Roma
 armano a lor favor; né sfuggir posso
810la minacciata guerra.
 ANILEO
 La fomenta Ornospade e il suo ritorno
 non è senza disegno.
 ARTABANO
 Vorrei più assicurarmi.
 ANILEO
 Giunto è al campo Metello,
815il romano orator. Fia presto in Carre.
 ARTABANO
 Che reca? Il sai?
 ANILEO
                                 Ne ho fidi avvisi. Augusto
 vuol che tu renda il trono,
 quasi ne fossi usurpator tiranno,
 a’ figli di Fraate; e se resisti,
820quant’è verrà a’ tuoi danni; e in Ornospade
 si assicura un amico.
 ARTABANO
 La rea trama prevengasi. Il perverso
 diasi a forte prigion. Tuo ne sia il peso.
 ANILEO
 Ben l’affidi. Già parto e il cenno adempio. (Si parte)
 ARTABANO
825Comincia a più temermi,
 orgoglioso rivale e suddito empio.
 
    Fremer vi sento
 d’ira e spavento,
 barbare gelosie, nel regal petto.
 
830   Scuote una face amore;
 altra ne accende sdegno;
 mi si minaccia il regno;
 sta in cor d’amante e re furia e sospetto.
 
 Il fine dell’atto secondo