Ornospade, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA V
 
 ANILEO, poi ORNOSPADE con la spada in mano, seguito da più soldati
 
 ANILEO
 Non so come non abbia
 di Palmide nel sen la spada immersa,
420in dolor d’Ornospade. Ei venga e trovi
 qual sia Anileo.
 ORNOSPADE
                               Giungesti
 pure a quel varco, onde a salvarti, o iniquo,
 non ti vale perfidia.
 Quell’audacia a che ostenti?
425Su, gitta il ferro e renditi; o trafitto,
 soldati, ei qui rimanga,
 ch’io di sangue sì reo sdegno macchiarmi. (Comparisce sul poggiuolo Palmide, afferrata per un braccio dal soldato di Anileo, il quale con l’altra mano tiene alzato uno stile, in atto d’immergerlo nel seno di Palmide)
 ANILEO
 Che tardate? Cento armi
 volgansi in Anileo. Di che pentirsi
430troveranno i più audaci.
 Tu vieni ancor; ma prima
 colà, o superbo, alza un sol guardo e mira
 da qual ombra sarà nel cupo Averno
 preceduta la mia.
 ORNOSPADE
435Palmide... Oimè! (Mirando verso Palmide)
 PALMIDE
                                   Ornospade, (Dal poggiuolo)
 o mi salva o mi vendica.
 ANILEO
                                               Sì, eleggi
 tra il furor e l’amor qual più ti aggrada.
 Che ti arresta? Da’ il cenno e fa’ ch’io cada.
 ORNOSPADE
 Ah, più tosto, o crudel, dentro il mio petto
440vibra la morte e svena
 Palmide nel mio core.
 Gitterommi al tuo piè, se vuoi ch’io preghi;
 il re ti placherò, s’ei ti minaccia;
 armerò in tua difesa anche me stesso.
445Ma Palmide...
 ANILEO
                             È in mia possa; e nel mio crudo
 destin, da te e dal re quella mi è scudo.