Ornospade, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA XIV
 
 ORNOSPADE e le suddette
 
 PALMIDE
615Con sì mesto afflitto sembiante
 io non credea che ti trovasse [illeggibile] il tanto
 quel felice m sospirato disiato momento, in cui n’è dato
 rivederci, abbracciarci.
 ORNOSPADE
                                             Il sospirai,
 Palmide, anch’io; ma quanto
620ei per me sia funesto, ah! tu nol sai.
 PALMIDE
 Vinti abbiamo altri mali...
 ORNOSPADE
 Ma qui ceder convienmi, ove ugualmente
 mi perde il tuo consenso e ’l tuo rifiuto .
 PALMIDE
 Che richiedermi puoi, ch’io ti ricusi
625o ti offenda concesso?
 NISEA
 (Amor, di me si tratta e di te stesso).
 ORNOSPADE
 Più non si taccia. A me fo ardire e ’l prendo
 dal mio dover che di ubbidir con pena
 già si arrossisce.
 PALMIDE
                                 Io nulla intendo. Parla.
 ORNOSPADE
630T’ama il re nostro e t’offre
 talamo e trono. A lui,
 così volle il mio zel (non il mio core),
 t’ho ceduta. Il mio amore
 più non si ascolti. Io ’l porterò a la tomba,
635misero ma costante.
 NISEA
 (Consolerallo il mio).
 PALMIDE
                                         Perfido amante!
 ORNOSPADE
 Perfido e qual più vuoi, chiamami. È forza
 ch’io gli occhi atterri, ove il mio re gl’innalza.
 Tra ’l sovrano e ’l vassallo esser non puote
640rivalità. In tua gloria
 faccio un’infedeltà. Non è mia pena
 il perderti a tal prezzo.
 Il doverlo a te dir solo mi affligge,
 che da questa potea barbara legge
645assolvermi Artabano
 e lasciarmi morir con più di pace.
 PALMIDE
 Crudel! Sia che mi tenti
 o sia che mi tradisci,
 cessa di tormentarmi; e da me impara
650come s’abbia ad amar. Quanto a un regnante si debba
 si debba a un regnante, il so anch’io. Ma ’l suo diadema
 non ha luce per me né il suo potere. Già lo rifiuto,
 giugne sino a quest’alma. Io lo rifiuta,
 non mossa da l’amor, che più non merti,
 ma offesa da la forza ingiusta forza
655fa che vuol farsi al mio cor. Se fasto avesse
 mai potuto sedur gli affetti miei,
 già sarei grande; e senza
 il tuo iniquo consiglio, or regnerei.
 
    Va’. Non t’ascolto più,
660eroe senza virtù,
 amante senza fé, genio servile.
 
    Quel re, cui servi e temi
    Non ben si consigliò
 se chi vincermi pensò,
 valendosi di te spergiuro te spergiuro e vile.