Imeneo, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA III
 
 ODRISIO ed ERASTO
 
 ODRISIO
 E tanto osò colei? Tanto io soffersi? (Tra sé)
 E sarò sceso alla viltà de’ preghi,
 per riportarne tal ripulsa e scorno! (Sta pensoso)
 ERASTO
 Che far vuoi? Delle belle oggi è il costume,
470superbia, ingratitudine, disprezzo.
 ODRISIO
 Me di provincie e mari (Tra sé)
 dominator, me regnator possente,
 me rifiuta una femmina? Me insulta?
 ERASTO
 Così femmina fa; segue il suo peggio.
 ODRISIO
475Né mi vendicherò? Né con Eleusi
 tutta distruggerò l’attica terra?
 La Grecia tutta?
 ERASTO
                                 Eh! Modera il gran core.
 Con beltà risentirsi è debolezza. (Odrisio si avvede di Erasto)
 ODRISIO
 (Ah! Quasi l’ira mi tradia). Ne’ casi
480subiti anche i gran cori
 hanno il loro trasporto.
 Ma son gl’impeti lor vampa che nata
 muor tosto e di sé lascia
 poca cenere appena.
 ERASTO
485Di tua virtude...
 ODRISIO
                                Erasto, addio. Per sempre
 queste lascio al mio core infauste rive.
 All’ingrata dirai che sospirando
 le lascio... Ah! No... Dirai che sprezzo a sprezzo
 già rendo e che d’obblio
490spargo la sua memoria e l’amor mio.
 
    Quella d’amore
 nimica e mia
 novo orgoglio prenderia
 dal saper che sospirai.
 
495   Dille sol che quel sospiro
 d’odio fu, perché l’amai.