Imeneo, Vienna, van Ghelen, 1727

 SCENA II
 
 DORISBE
 
 DORISBE
 Quanto è vago Imeneo! Quanto è soave!
 Fortunata colei,
 cui d’udir sortirà da quel bel labbro
 i dolci accenti, i languidi sospiri!
85Quella, oh! quella foss’io.
 Me ne accende un disio
 che, vinto ogni riguardo
 di amicizia e di fede,
 tutta per sé mi chiede.
90Se Erasto si dorrà ch’io più non l’ami,
 dirò che non è a l’uso amor fedele.
 Ma se l’amica Alisa
 mi accuserà... Di che? Se non conosce
 né l’amor né l’amante?
95Sì. Tacerò. Dispererò gli affetti
 d’Imeneo per Alisa e accortamente
 de’ miei lusingherollo.
 Tentiam. Chi sa? Non son fortuna e amore
 per un timido core.
 
100   È viltà, quando un gran bene
 si può giugner a goder,
 non tentar di uscir di pene
 con ingegno e con ardir.
 
    Se il disio così sortisce,
105ne giustifica il piacer;
 e se sorte ne tradisce,
 sempre è tempo di soffrir.