Don Chisciotte in corte della duchessa (Pasquini), Vienna, van Ghelen, 1727

 SCENA III
 
 LAURINDO e DON ALVARO
 
 DON ALVARO
 Laurindo.
 LAURINDO
                      Amico.
 DON ALVARO
                                      E nel tuo vano impegno
 sei forte ancor né la ragion ti vince?
 LAURINDO
 Io penso al mio dover, d’altro non curo.
 DON ALVARO
1855Se pensi al tuo dover, pensa a te stesso.
 LAURINDO
 A me stesso pensai, quando ti resi,
 grato, amor per amor, fede per fede;
 torna all’antico affetto
 né mi tentar di più. Se tu sapessi
1860questo dover quanto mi costa, oh dio.
 DON ALVARO
 Ti costa perché vuoi.
 LAURINDO
 Sol voglio ciò che debbo.
 DON ALVARO
                                               Ogni virtude,
 amico, ha i suoi confini
 e, quando n’esce fuor, nel vizio cade.
 LAURINDO
1865Con questa infine, sol me stesso offendo.
 DON ALVARO
 Quel che nuoce a sé stesso e altrui non giova
 è stoltezza seguir. Qual ne ricavo
 da’ replicati tuoi vani rifiuti
 profitto pel mio cor? Sei forse certo
1870che lasciato quel ben, per cui sospiri,
 possa tosto quel ben donarmi amore?
 LAURINDO
 Certo son io che non ti faccio offesa.
 DON ALVARO
 Tu rifiuti un mio dono, e un don che tanto
 si accorda col tuo cor; lungi mi fai
1875da legge d’onestà; per te divengo
 ingiusto in faccia al mondo; infin mi rendi
 sospetto a lei, che t’ama,
 e ardisci dir dipoi che non m’offendi?
 LAURINDO
 Don Alvaro, perdona un cor sincero;
1880è più ingegnoso il tuo parlar che vero.
 
    Lasciami al mio dolor
 e godi pur quel ben
 che a te si aspetta.
 
    Il tempo sanerà
1885la piaga del mio cor
 e spezzerà d’amor
 la rea saetta. (Parte)