Don Chisciotte in corte della duchessa (Pasquini), Vienna, van Ghelen, 1727

 SCENA VII
 
 DORALBA e DON ALVARO in carro trionfale, rappresentante l’una Dulcinea e l’altro Merlino incantatore. GRILLO, con seguito di satiri, e detti. Nel tempo che viene il carro, siegue una soave armonia di pifferi, flauti, oboè, eccetera
 
 DON ALVARO
 Dalle caverne affumicate e nere
1000dell’Erebo profondo,
 a te, stupor del mondo,
 famoso cavaliero de’ leoni,
 mi porta la pietà ch’ho per costei,
 quantunque odiar dovessi
1005questo sesso protervo
 che, ad onta ancor de’ miei temuti incanti,
 l’ebbi sempre nemico ed or m’ha posto
 fra i più infelici e disperati amanti.
 ALTISIDORA
 Un falso incantatore
1010sa meritarsi l’odio e non l’amore.
 DON CHISCIOTTE
 Taci, non sai qual possa abbia Merlino;
 tu nol conosci ancora.
 ALTISIDORA
                                          Anzi per questo,
 ch’or lo conosco ben, così favello.
 DON CHISCIOTTE
 Signora, ti capisco;
1015ma l’è tempo perduto, parlo chiaro.
 Mia Dulcinea, son fido. Don Merlino,
 già tu sai tutto, intendi tutto, avanti.
 DON ALVARO
 Perché si disincanti
 qui ti condussi il sospirato bene;
1020ma i fati, ch’han di lui cura e pensiero,
 ne destinar l’impresa al tuo scudiero.
 SANCIO
 Questa sarebbe bella; come a dire?
 DON CHISCIOTTE
 Sancio, felice te. Sentiamo il modo.
 DON ALVARO
 Lo dica il caposatiro Astarotte;
1025Sancio eseguisca e ascolti don Chisciotte.
 GRILLO
 
    Quando Sancio s’avrà date
 tremilacinquecento bastonate,
 la bella delle belle
 alla primiera pelle
1030per sempre tornerà.
 
    Tenga ben l’orecchio attento;
 il numero è tremilacinquecento,
 numero già segnato
 nel volume del fato;
1035e in questo libro eterno
 defalco non si fa.