Don Chisciotte in corte della duchessa (Pasquini), Vienna, van Ghelen, 1727

 SCENA V
 
 ALTISIDORA e LAURINDO
 
 ALTISIDORA
 Come, Laurindo! A sì fatal cimento
 poni la tua virtù? Restar qui solo?
210Che dovrà dir don Alvaro, per cui
 tanto riguardo usar ti sei proposto
 che, in sua presenza, appena
 osi di meco favellar?
 LAURINDO
                                        S’io fossi
 meno onesto per lui, di questa sorte
215lieto potrei goder.
 ALTISIDORA
                                    Ma tu non sai
 che in questo punto d’amistà la legge,
 sempre sagra per te, da te si offende?
 LAURINDO
 Per qual ragion?
 ALTISIDORA
                                 Quest’infelice volto
 potria forse rapir dagli occhi tuoi
220qualche piccolo sguardo inavvertito,
 onde avvenisse poi
 che imparasse il tuo cor qualche sospiro.
 LAURINDO
 Non ho di che temer, s’io non ti miro.
 ALTISIDORA
 Dura legge t’imponi.
 LAURINDO
225(Purtroppo dici il ver).
 ALTISIDORA
                                            Non perch’io sia
 oggetto da forzar le tue pupille,
 che tanto non presumo.
 LAURINDO
 Il tuo poter conosci e mi deridi.
 ALTISIDORA
 Io deridere un uom ch’opra qual chiede
230giusto dover? Ma non parria ch’io fossi
 nemica di virtù? Che bella gloria
 sarà la tua, Laurindo,
 quando, già carco d’anni, il mondo intiero
 andrà mostrando in te fra mille lodi
235l’esempio raro d’amistà perfetta.
 Sai che al pensarvi solo
 per te m’insuperbisco.
 LAURINDO
 Lascia, crudel, di tormentarmi. Oh dio!
 ALTISIDORA
 Laurindo, e che facesti?
240Dir sospirando «oh dio!»,
 se il sospiro è d’amore, ecco perduta
 quella gloria per te. Non tel diss’io
 che della tua virtù troppo ti fidi?
 LAURINDO
 Il tuo poter conosci e mi deridi.
 
245   Saria dolce ancor per me
 di portare i lacci al piè,
 pel tuo core che d’amore
 mi fe’ quasi sospirar.
 
    Ma se alcun de’ miei pensieri
250fia che ardito mai lo speri,
 il dover lo tronca in fasce,
 mentre nasce;
 e non sorge il bel desire
 che per nascere e mancar.