| SCENA VI |
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| MINUZIO con seguito di soldati dal colle |
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| MINUZIO |
| Spesso intesi, o soldati, |
| doversi i primi onori al buon consiglio |
1435 | d’un prudente comando, |
| i secondi al valore |
| d’un pronto utile ossequio; |
| ma nessuno a colui che né ben sappia |
| consigliar né ubbidir. Noi, cui del primo |
1440 | pregio è tolta la sorte, almen dell’altra |
| proccuriamci la gloria; e mentre l’arte |
| impariam del comando, |
| obbedendo a chi sa, facciamci saggi. |
| Uniam l’armi e i vessilli |
1445 | con quei di Fabio. In avvenir ne regga |
| un solo dittator. L’ultimo impero, |
| che mi riserbo in voi, sia ch’ei ne trovi |
| grati e migliori; ed io il primier tra voi |
| sarò nel soggettarmi a’ cenni suoi. (I soldati di Minuzio battono le aste e le spade sopra i loro scudi, in segno d’applauso e di assenso; e dipoi Minuzio si ritira in disparte, mettendosi alla loro testa. In questo dall’alto del colle cominciano a scendere al suono di timpani, tamburi e trombe i romani vittoriosi, avendo tolto in mezzo il dittator Fabio sopra un carro trionfale, formato e ornato tumultuariamente di spoglie nimiche, sostenendolo eglino stessi alle parti e facendolo tirare da schiavi cartaginesi. Escono nello stesso tempo dal vallo ed altronde Quinto Fabio, Velia, eccetera) |
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