I due dittatori, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XIII
 
 ERMINIO e i suddetti
 
 ERMINIO
 Eccelso dittator, non ha ristretti
 virtù in petto romano i suoi confini.
1160Vi son anime ancor ch’oltre alle vostre
 pregiansi d’esser forti e generose.
 Fabio, dal suo gran cor mosso, ad Erminio
 diè vita e libertade. Atto sì illustre
 lo condanna a morir. Se lo soffrisse,
1165troppo Erminio sarebbe
 e sconoscente e vil. Tu a un tratto assolvi
 l’un dal supplizio e l’altro dall’infamia.
 Erminio per l’altrui t’offre il suo capo.
 MINUZIO
 Questo si accetterà. Ma Erminio è lunge;
1170e la legge oggi il reo chiede alla pena.
 ERMINIO
 Qui con falsa virtù non si ricerca
 o indugio alla sentenza
 o pretesto al perdono.
 Erminio a te si affretta; e quegli io sono.
 VALERIO e OSIDIO A DUE
1175Serba a noi Fabio e un cittadino a Roma.
 MINUZIO
 A far prova assai dura
 di magnanimo cor venisti, o Erminio.
 L’atto ti onora e te ne applaudo. Usarti
 non posso altra pietà che quella stessa
1180che tu mi chiedi. Vivrà Fabio. Il prezzo
 tu ne sarai.
 ERMINIO
                        Mi è un bene
 morir così.
 MINUZIO
                       Fabio a me venga.
 OSIDIO
                                                          Il lieto
 annunzio di sua vita ei da me intenda. (Si parte)
 ERMINIO
 E il supplizio non suo qui a me si renda.
 MINUZIO
1185Soldati, altrove al cenno il custodite.
 ERMINIO
 
    A vista anche di morte,
 né barbara la sorte
 né te crudel dirò.
 
    Anzi quel colpo rio,
1190già destinato al fato
 del fido amico mio,
 con gioia incontrerò.