I due dittatori, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA V
 
 MINUZIO e VELIA
 
 MINUZIO
 Senza porgerti un guardo?
780Senza torne un addio? Fabio non t’ama.
 VELIA
 Dover d’amor da quel di gloria è vinto.
 MINUZIO
 Per Minuzio sarebbe
 la maggior gloria sua l’amor d’Ersilia.
 VELIA
 Signor...
 MINUZIO
                   Partite. (A’ littori, i quali partono)
 VELIA
                                   (Oh rischi!)
 MINUZIO
785Bella, non perché illustre
 di sublimi trofei splenda il mio nome,
 non perché a me dia vanto e da me il prenda
 l’eccelso onor, di cui mi adorna il Tebro,
 a te parla il mio cor ma perché t’ama.
 VELIA
790Come? Da quell’ardor, di cui ti resta
 lieve appena scintilla,
 sì ti lasci abbagliar? Ciò non attende
 la dittatura, a cui t’alzaro i voti
 del popolo romano;
795né a te sono rivolte
 le speranze di Roma,
 perché abbia ad illustrar le tue conquiste
 una misera schiava. Ah, dittatore,
 quegli affetti ripiglia e quei pensieri
800che sien degni di te, di lei, di tutti.
 MINUZIO
 Sii men saggia e più grata. A te non venni
 per ricever consiglio
 ma prezzo di favor, cambio d’affetto.
 Tu il promettesti; e il chieggo.
 VELIA
805Qual lo promisi, io tel concedo, onesto.
 MINUZIO
 Ma che sia più che stima.
 VELIA
 Sia anche amistade.
 MINUZIO
                                        A un amator non basta.
 VELIA
 Non può Ersilia di più.
 MINUZIO
                                             Può, purché voglia.
 VELIA
 Aggiungi: e pur che deggia.
 MINUZIO
810Non ripugna al dover legge d’amore.
 
    Men fierezza. A chi vi adora,
 deh volgetevi, occhi belli.
 
 VELIA
 Roman, tu non conosci a cui favelli.
 MINUZIO
 A un’ingrata, lo so; ma tu obbliasti
815che a un dittator rispondi.
 VELIA
 Non pensar del gran nome
 di atterrirmi col suon. Più lieve impresa
 a te Annibale fia che il cor d’Ersilia.
 MINUZIO
 Risparmiami d’usar forza e potere.
 VELIA
820Son ritornati oggi i Tarquini a Roma?
 MINUZIO
 Che chieggo alfin? Poco ti costa un guardo,
 è poco una lusinga.
 VELIA
 Chi vuol tutto negar nulla conceda.
 MINUZIO
 Ersilia, più pietà.
 VELIA
                                   Più senno, o duce.
 MINUZIO
825Vuoi libertade?
 VELIA
                                In me ragion non hai.
 MINUZIO
 Vuoi preghi?
 VELIA
                           In tal miseria io non gli esigo.
 MINUZIO
 Mira al tuo piede... (Nell’atto di piegare un ginocchio, si ferma alla voce di Quinto Fabio che sopravviene)