I due dittatori, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IV
 
 MINUZIO con littori e i suddetti
 
 MINUZIO
 Non vi turbi il mio aspetto. Io qui non vengo
 tratto da quell’ardor, di cui mi resta
 lieve appena scintilla.
745La dittatura, a cui m’alzaro i voti
 del popolo romano, e le speranze
 di Roma, in me rivolte,
 m’inspirano altri affetti, altri pensieri
 che sien degni di me, di lei, di tutti.
 VELIA
750Vincitor di te stesso,
 vittoria ottieni assai maggior d’ogni altra.
 MINUZIO
 Fabio, a te solo venni...
 QUINTO FABIO
 Bastava un tuo comando...
 MINUZIO
                                                  A te, ornamento
 della patrizia gioventù, crescente
755speranza e lume del latino impero.
 QUINTO FABIO
 Troppo, o signor...
 MINUZIO
                                    Le prove,
 che nell’ultima pugna
 desti d’alto valor, fan che al tuo braccio
 utile affidi e necessaria impresa.
 QUINTO FABIO
760Ov’è il ben della patria,
 né incontro temo né fatica fuggo.
 VELIA
 (Mali per me).
 MINUZIO
                              Del vicin colle il giogo
 va’ con le tue coorti
 spedito ad occupar, pria che il Numida
765sopra vi spieghi i barbari vessilli.
 Ei già l’armi vi spinge. Il prevenirlo
 ne assicura da assalti e da sorprese
 e a lui chiude i soccorsi e vieta i paschi.
 QUINTO FABIO
 M’è gloria il cenno e tronco i vani indugi.
 MINUZIO
770Sì indiscreto non son che ti divieti
 prender dalla tua Ersilia un breve addio.
 QUINTO FABIO
 Già il cor lo prese. Or servo al dover mio.
 
    Nulla bada destrier generoso,
 se suon strepitoso
775d’oricalco lo sfidi o lo desti.
 
    Corra ardito ad invito d’onore,
 magnanimo core;
 e da gloria altro amor non l’arresti.