I due dittatori, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA V
 
 VALERIO con ventiquattro littori e i suddetti
 
 VALERIO
 Altro editto che questo
 del popolo roman qui non ha luogo.
 FABIO MASSIMO
 Che fia? Valerio, altri littori al campo? (Levandosi)
440Altro impero che il mio? Non è più Fabio
 qui dittatore?
 VALERIO
                             Il dittator tu sei.
 Ma leggi. (Dà il plebiscito a Fabio Massimo)
 MINUZIO
                     (Ah, duran anco i rischi miei).
 FABIO MASSIMO
 «I tribuni del popolo romano. (Legge in piedi)
 Tra Massimo sia pari e tra Minuzio
445grado, titolo, impero. Ambo la guerra
 reggano dittatori.
 Abbia i fasci ciascuno, abbia i littori».
 Dei! La patria vuol perdersi. (Siede pensoso)
 MINUZIO
                                                       La patria
 riconosce il valor. Fabio era ingiusto.
 OSIDIO
450Due dittatori!
 QUINTO FABIO
                             Al genitor tal onta?
 FABIO MASSIMO
 (Massimo, è tempo d’usar senno ed arte.
 Autorità ne agguaglia;
 ne distingua virtude).
 MINUZIO
                                           Olà, un curule
 seggio anche a me.
 FABIO MASSIMO
                                     Vieni, o Minuzio, e prendi
455gli auspizi del comando, ove l’altrui
 aspro, ma retto, a giudicarti ascese. (Vien portata per Minuzio altra sedia curule ed egli vi si asside a canto di Fabio Massimo)
 VALERIO
 Varian così d’umana sorte i giri.
 MINUZIO
 Il passato si obblii. Quello, che a fronte
 nimico abbiam, ne vieta,
460non che un lungo consiglio, un ozio breve.
 FABIO MASSIMO
 A tuo piacer. La via proponi e il modo.
 MINUZIO
 Uno o più giorni alternamente in Fabio
 sia il sovrano comando; e per eguale
 intervallo in Minuzio.
 FABIO MASSIMO
465Né men per un momento
 servirò alle tue leggi. A me diviso
 vien l’impero, non tolto.
 Quattro abbiam sotto l’armi
 legioni. Partiscansi egualmente.
470Due tu ne reggi, io due. Ne’ tuoi consigli
 né di onor né di biasmo aver vo’ parte.
 MINUZIO
 Piacemi; e il nome lor, chiuso nell’urna,
 ne decida la sorte.
 QUINTO FABIO
 A me, cui della prima
475commesso è il tribunato, ah, si assicuri
 militar sotto il padre.
 MINUZIO
 L’approveran gli dii, se giusto è il voto. (Vien recata l’urna, ove si pongono i nomi delle quattro legioni, due de’ quali n’estrae Fabio Massimo e due Minuzio. Intanto Quinto Fabio dice tra sé)
 QUINTO FABIO
 
    Fammi, empia sorte,
 il mal che puoi;
 
480   sarò più forte
 degli odi tuoi.
 
 MINUZIO
 In me, Osidio, in me, Fabio, il duce avrete.
 QUINTO FABIO
 Sinistri fati!
 FABIO MASSIMO
                          È indifferente, o figlio, (Levandosi e fa Minuzio lo stesso)
 a chi ben sa ubbidir, l’un duce o l’altro.
 MINUZIO
485E so a valor dar ricompensa anch’io.
 QUINTO FABIO
 (Da un tal rival, che sperar puoi, cor mio?) (Si parte; e i due dittatori scendono dal suggesto)
 MINUZIO
 Massimo, addio. Vedremo
 se Annibale sedendo
 vincasi o combattendo.
 FABIO MASSIMO
490Un buon imperator guidar si lascia
 da mente e da ragion, non da fortuna.
 MINUZIO
 Lodo cautela anch’io, non timidezza.
 FABIO MASSIMO
 Chi per la patria teme,
 teme senza vergogna.
 MINUZIO
                                          E Roma e il campo
495sgridan la tua lentezza.
 FABIO MASSIMO
                                            Ingiuria al saggio
 non fan garrule voci; e l’alte imprese
 guasta temerità, matura il tempo.
 MINUZIO
 Ma che dirai, quand’io di nuovi allori
 getti fasci al tuo piede?
 FABIO MASSIMO
500Spesso, a chi assai presume, onta succede.
 MINUZIO
 
    Segui pur tardi consigli.
 
 FABIO MASSIMO
 
 Tenta pur ciechi perigli.
 
 MINUZIO
 
 Nome sempre avrai di vile.
 
 FABIO MASSIMO
 
 Scorno e danno alfin ne avrai.
 
 MINUZIO
 
505   Fu lentezza
 che alzò Roma a sua grandezza?
 O ardir pronto e cor virile?
 
 FABIO MASSIMO
 
    Se alla Trebbia e al Trasimeno
 si ardia meno,
510Roma or fora in tanti guai? (Si partono da varie parti)