I due dittatori, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA VI
 
 MINUZIO, QUINTO FABIO e VELIA
 
 QUINTO FABIO
 Nulla temer. La fede (Piano a Velia)
 ti difende di Fabio
 amante...
 VELIA
                     Il so, di gloria e generoso. (Piano a Quinto Fabio)
 MINUZIO
170Nato appena, il mio amor freme geloso.
 Della sua prigioniera (A Quinto Fabio)
 Fabio non è sì mal gradito agli occhi,
 quale il misero Osidio a quei di Arisbe.
 VELIA
 Taci. Per te risponderò. (Piano a Quinto Fabio) Non entra
175sconoscenza, o Minuzio, in cor gentile.
 Ei nel punico vallo a me fu scudo
 da insulti ed ire; e tal mi rese onore
 che il vincitor non riconobbi e appena
 sentii la mia catena.
 MINUZIO
180Da un caro vincitor tutto si soffre.
 VELIA
 Nobil cor non costrigne a sofferenze.
 MINUZIO
 Ha le sue violenze anche il rispetto.
 VELIA
 Sembra fosco ogni lume ad occhio infermo.
 MINUZIO
 Il troppo confidar tragge a periglio.
 VELIA
185Qual periglio t’infingi in chi ha virtude?
 MINUZIO
 Vi son cimenti, ove virtù si obblia.
 QUINTO FABIO
 Un più lungo tacer viltà saria. (A Velia)
 Duce, da ciò che parli,
 ciò che mediti intendo.
190Ma Ersilia è mia conquista.
 Mia l’armi e mia la fanno
 Roma e le leggi.
 MINUZIO
                                Ersilia, i tuoi begli occhi
 già del tuo vincitor t’han vendicata.
 VELIA
 Sei l’interprete tu del cor di Fabio?
 MINUZIO
195Fabio ne’ suoi trionfi
 vanta anche i ceppi suoi.
 QUINTO FABIO
                                                Ceppi sì illustri
 fan gloria a chi li soffre
 e forse invidia a chi gl’insulta.
 MINUZIO
                                                         E in Roma
 si udrà amante quel Fabio
200che n’è l’alta speranza? Amante il figlio
 d’un dittator che nel pensier rivolge
 le non anche tentate eccelse imprese?
 Che direbbe il gran padre in rivederti
 in affetti sì molli
205vanamente avvilito? Ah, si risparmi
 alla canizie sua tanto cordoglio
 ed alla gloria tua tanto rossore.
 In cor romano è debolezza amore.
 QUINTO FABIO
 Ogni altro che Minuzio esser l’austero
210censor dovria de’ giovanili affetti.
 MINUZIO
 Saprei soffrirli in altro tempo. Or tutti
 da noi li vuol la patria.
 QUINTO FABIO
                                            Ov’uopo il chiese,
 le mancò mai di Fabio il zelo e l’opra?
 MINUZIO
 Nobil destrier, pria di toccar la meta,
215non divertisce il corso. Ersilia è tua.
 Giusta mercé che si riserba al prode,
 non gli si toglie. Io ne sarò il custode.
 QUINTO FABIO
 Tu suo custode? E qual ragion?...
 MINUZIO
                                                              Tribuno,
 non trasportarti oltre il dover. Né verga
220manca qui né littor. Vanne e ubbidisci.
 QUINTO FABIO
 Ubbidirò; ma troppo
 d’un comando ti abusi
 che in deposito tieni ancor per poco.
 Verrà il tuo punitore e ti faranno
225tremar fino i tuoi stessi
 colpevoli trofei. Ti lascio, Ersilia;
 e ti lascio costretto.
 All’altrui tirannia questo almen deggio
 favor, che senza colpa
230ha parlato il mio amor. Forse più audace
 sarà l’altrui.
 VELIA
                         Ma non più fortunato.
 QUINTO FABIO
 Minuzio intenda e Fabio è vendicato.
 
    Dell’oltraggio che mi fai (A Minuzio)
 non avrai tutto il diletto.
235Vedrò ancor l’altero aspetto
 ricoprir vergogna e pena.
 
    Parto, Ersilia. Il tuo bel core (A Velia)
 non obblii che mi sei tolta
 da rea forza e che il mio amore
240rispettò la tua catena.