I due dittatori, Vienna, van Ghelen, 1726

 SCENA XV
 
 VELIA e i suddetti
 
 VELIA
1220Ersilia è in suo poter. Può di sé stessa
 dispor. Si assolva Erminio; e, Fabio, il soffri,
 Ersilia sia del dittator conquista.
 MINUCIO
 Felici affetti miei.
 QUINTO FABIO
                                    Che ascolto? Ersilia,
 per me sì poco? E per Erminio tanto?
1225Per me sol brevi lagrime? E per lui
 infin vittima offrirti
 a un amor già sprezzato?
 O cor d’Ersilia ingrato!
 Ma no, dove trascorro? Avrò dolore
1230che mi serbi il tuo amore
 una sì cara parte di me stesso?
 La tua bella pietà già mi soccorre,
 quando ancor mi tradisce. Anch’io vi assento
 e de l’ingiusto mio dolor mi pento.
 MINUCIO
1235L’estrema gioia...
 VELIA
                                   Ormai si disinganni
 in te la speme, (A Minucio)
                               in te la tema. (A Quinto Fabio)
                                                         Alora
 che Ersilia si promette al dittatore,
 nulla di sé promette.
 Velia son io, sposa d’Erminio e figlia
1240di chi impera agl’Insubri. Eranvi noti
 già i casi suoi. Col nome
 or ne intendete anche gli affetti e i voti.
 Tu, Fabio, or veder puoi da qual dovere
 ti era tolto un amor, di cui per altro
1245saresti degno; e tu, Minucio, or vedi
 s’io né men lusingar possa il tuo affetto.
 In tuo poter la vita
 hai d’Erminio; e se vuoi,
 abbiti ancor la mia. Se ti par giusto,
1250incrudelisci a tuo piacer. Puoi farlo.
 Ma in anima romana
 tal bassezza non cade.
 Generoso altre volte
 fosti a me prigioniera.
1255Orché libera io son, mercé di questo
 guerriero amante eroe, temer non posso
 che voglian le tue leggi esser crudeli
 a due non ree, non vili alme fedeli.
 MINUCIO
 Qual mi si sveglia in sen fiero contrasto!
 QUINTO FABIO
1260Son sì sorpreso da stupor che a pena...