I due dittatori, Vienna, van Ghelen, 1726

 SCENA V
 
 MINUCIO e VELIA
 
 MINUCIO
 Senza porgerti un guardo?
780Senza torne un addio? Fabio non t’ama.
 VELIA
 Dover d’amor da quel di gloria è vinto.
 MINUCIO
 Per Minucio sarebbe
 la maggior gloria sua l’amor d’Ersilia.
 VELIA
 Signor...
 MINUCIO
                   Partite. (Ai littori, i quali partono)
 VELIA
                                   (Oh rischi).
 MINUCIO
785Bella, non perché illustre
 di sublimi trofei splenda il mio nome,
 non perché a me dia vanto e da me ’l prenda
 l’eccelso onor, di cui m’ha adorno il Tebro,
 a te parla il mio cor ma perché t’ama.
 VELIA
790Come? Da quell’ardor, di cui ti resta
 lieve appena scintilla,
 sì ti lasci abbagliar? Ciò non attende
 la dittatura, a cui t’alzaro i voti
 del popolo romano;
795né a te sono rivolte
 le speranze di Roma,
 perch’abbia ad illustrar le tue conquiste
 una misera schiava. Ah! Dittatore,
 quegli affetti ripiglia e quei pensieri
800che sien degni di te, di lei, di tutti.
 MINUCIO
 Sii men saggia e più grata. A te non venni
 per ricever consiglio
 ma prezzo di favor, cambio d’affetto.
 Tu ’l promettesti; e ’l chieggo.
 VELIA
805Qual lo promisi, io tel concedo; onesto.
 MINUCIO
 Ma che sia più che stima.
 VELIA
 Sia anche amistade.
 MINUCIO
                                        A un amator non basta.
 VELIA
 Non può Ersilia di più.
 MINUCIO
                                             Può, purché voglia.
 VELIA
 Aggiungi: e purché deggia.
 MINUCIO
810Non ripugna al dover legge d’amore.
 
    Men fierezza. A chi vi adora,
 deh! volgetevi, occhi belli.
 
 VELIA
 Roman, tu non conosci a cui favelli.
 MINUCIO
 A un’ingrata, lo so; ma tu obbliasti
815che a un dittator rispondi.
 VELIA
 Non pensar del gran nome
 di atterrirmi col suon. Più lieve impresa
 a te Annibale fia che il cor di Ersilia.
 MINUCIO
 Risparmiami d’usar forza e potere.
 VELIA
820Son ritornati oggi i Tarquini a Roma?
 MINUCIO
 Che chieggo alfin? Poco ti costa un guardo
 e poco una lusinga.
 VELIA
 Chi vuol tutto negar nulla conceda.
 MINUCIO
 Ersilia, più pietà.
 VELIA
                                   Più senno, o duce.
 MINUCIO
825Vuoi libertà?
 VELIA
                           Su me ragion non hai.
 MINUCIO
 Vuoi preghi?
 VELIA
                           In tal miseria io non gli esiggo.
 MINUCIO
 Mira al tuo piede... (Nell’atto di piegare un ginocchio, si ferma alla voce di Quinto Fabio che sopraviene)