I due dittatori, Vienna, van Ghelen, 1726

 SCENA IV
 
 MINUCIO con littori e i suddetti
 
 MINUCIO
 Non vi turbi il mio aspetto. Io qui non vengo
 tratto da quell’ardor, di cui mi resta
 lieve appena scintilla.
745La dittatura, a cui m’alzaro i voti
 del popolo romano, e le speranze
 di Roma in me rivolte
 m’inspirano altri affetti, altri pensieri
 che sien degni di me, di lei, di tutti.
 VELIA
750Vincitor di te stesso,
 vittoria ottieni assai maggior d’ogni altra.
 MINUCIO
 Fabio, a te solo venni...
 QUINTO FABIO
 Bastava un tuo comando...
 MINUCIO
                                                  A te, ornamento
 della patrizia gioventù, crescente
755speranza e lume del latino impero.
 QUINTO FABIO
 Troppo, o signor...
 MINUCIO
                                    Le prove,
 che ne l’ultima pugna
 desti d’alto valor, fan che al tuo braccio
 utile affidi e necessaria impresa.
 QUINTO FABIO
760Ove è ’l ben de la patria,
 né incontro temo né fatica fuggo.
 VELIA
 (Mali per me).
 MINUCIO
                              Del vicin colle il giogo
 va’ con le tue coorti
 spedito ad occupar, pria che ’l Numida
765sopra vi spieghi i barbari vessilli.
 Ei già l’armi vi spinge. Il prevenirlo
 ne assicura da assalti e da sorprese
 e a lui chiude i soccorsi e vieta i paschi.
 QUINTO FABIO
 Mi è gloria il cenno e tronco i vani indugi.
 MINUCIO
770Sì indiscreto non son che ti divieti
 prender da la tua Ersilia un breve addio.
 QUINTO FABIO
 Già ’l cor lo prese. Or servo al dover mio.
 
    Nulla bada destrier generoso,
 se suon strepitoso
775d’oricalco lo sfidi e lo desti.
 
    Corra ardito ad invito d’onore,
 magnanimo core,
 e da gloria altro amor non l’arresti.