I due dittatori, Vienna, van Ghelen, 1726

 SCENA V
 
 VALERIO con ventiquattro littori e i suddetti
 
 VALERIO
 Altro editto che questo
 del popolo roman qui non ha luogo.
 FABIO MASSIMO
 Che fia? Valerio, altri littori al campo? (Levandosi)
440Altro impero che ’l mio? Non è più Fabio
 qui dittatore?
 VALERIO
                             Il dittator tu sei.
 Ma leggi. (Dà il plebiscito a Fabio Massimo)
 MINUCIO
                     (Ah! Duran anco i rischi miei).
 FABIO MASSIMO
 «I tribuni del popolo romano. (Legge in piedi)
 Tra Massimo sia pari e tra Minucio
445grado, titolo, impero. Ambo la guerra
 reggano dittatori.
 Abbia i fasci ciascuno, abbia i littori».
 Dei! La patria vuol perdersi. (Siede pensoso)
 MINUCIO
                                                       La patria
 riconosce il valor. Fabio era ingiusto.
 OSIDIO
450Due dittatori!
 QUINTO FABIO
                             Al genitor tal onta?
 FABIO MASSIMO
 (Massimo, è tempo d’usar senno ed arte.
 Autorità ne agguaglia,
 ne distingua virtude).
 MINUCIO
                                           Olà, un curule
 seggio anche a me.
 FABIO MASSIMO
                                     Vieni, o Minucio, e prendi
455gli auspici del comando, ove l’altrui
 aspro, ma retto, a giudicarti ascese. (Vien portata per Minucio altra sedia curule ed egli vi si asside a canto di Fabio Massimo)
 VALERIO
 Varian così di umana sorte i giri.
 MINUCIO
 Il passato si obblii. Quello, che a fronte
 nemico abbiam, ne vieta,
460non che un lungo consiglio, un ozio breve.
 FABIO MASSIMO
 A tuo piacer. La via proponi e ’l modo.
 MINUCIO
 Uno o più giorni alternamente in Fabio
 sia ’l sovrano comando; e per eguale
 intervallo in Minucio.
 FABIO MASSIMO
465Né men per un momento
 servirò a le tue leggi. A me diviso
 vien l’impero, non tolto.
 Quattro abbiam sotto l’armi
 legioni. Partiscansi egualmente.
470Due tu ne reggi, io due. Ne’ tuoi consigli
 né di onor né di biasmo aver vo’ parte.
 MINUCIO
 Piacemi; e ’l nome lor chiuso ne l’urna,
 ne decida la sorte.
 QUINTO FABIO
 A me, cui de la prima
475commesso è ’l tribunato, ah! si assicuri
 militar sotto il padre.
 MINUCIO
 L’approveran gli dii, se giusto è ’l voto. (Vien recata l’urna, ove si pongono i nomi delle quattro legioni, due de’ quali n’estrae Fabio Massimo e due Minucio. Intanto Quinto Fabio dice tra sé)
 QUINTO FABIO
 
    Fammi, empia sorte,
 il mal che puoi;
 
480   sarò più forte
 degli odi tuoi.
 
 MINUCIO
 In me, Osidio, in me, Fabio, il duce avrete.
 QUINTO FABIO
 Sinistri fati!
 FABIO MASSIMO
                          È indifferente, o figlio, (Levandosi e fa Minucio lo stesso)
 a chi ben sa ubbidir, l’un duce o l’altro.
 MINUCIO
485E so a valor dar ricompensa anch’io.
 QUINTO FABIO
 (Da un tal rival, che sperar puoi, cor mio?) (Parte. I due dittatori scendono dal suggesto)
 MINUCIO
 Massimo, addio. Vedremo
 se Annibale sedendo
 vincasi o combattendo.
 FABIO MASSIMO
490Un buon imperator guidar si lascia
 da mente e da ragion, non da fortuna.
 MINUCIO
 Lodo cautela anch’io, non timidezza.
 FABIO MASSIMO
 Chi per la patria teme,
 teme senza vergogna.
 MINUCIO
                                          E Roma e ’l campo
495sgridan la tua lentezza.
 FABIO MASSIMO
                                            Ingiuria al saggio
 non fan garrule voci; e l’alte imprese
 guasta temerità, matura il tempo.
 MINUCIO
 Ma che dirai, quand’io di nuovi allori
 getti fasci al tuo piede?
 FABIO MASSIMO
500Spesso, a chi assai presume, onta succede.
 MINUCIO
 
    Segui pur tardi consigli.
 
 FABIO MASSIMO
 
 Tenta pur ciechi perigli.
 
 MINUCIO
 
 Nome sempre avrai di vile.
 
 FABIO MASSIMO
 
 Scorno e danno alfin ne avrai.
 
 MINUCIO
 
505   Fu lentezza
 che alzò Roma a sua grandezza?
 O ardir pronto e cor virile?
 
 FABIO MASSIMO
 
    Se a la Trebbia e al Trasimeno
 si ardia meno,
510Roma or fora in tanti guai? (Partendo da varie parti)