Semiramide in Ascalona, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA ULTIMA
 
 SEMIRAMIDE, ALISO e i suddetti
 
 NINO
 Non so se nel momento in cui ti onoro,
 regal vergine eccelsa,
 più in me nasca di gioia o più di affanno.
 Non è fregio di merto il nascer grande
1280ma pure è fregio; e che anche questo a tante
 glorie sol tue si aggiunga, è mio contento.
 Ma in pensar che i finora
 mali, da te sofferti,
 sono tutti opra mia, ne ho pena ed onta;
1285e più ne avrei se, mentre
 al tuo regno ti rendo,
 non avessi l’onor di porti a’ piedi
 con l’Assiria e con l’Asia anche me stesso.
 Ecco. Sta in tuo poter darmi le leggi
1290di gastigo o di pace. Il re punisci;
 ma risparmia l’amante;
 né portar l’ira tua sovra il mio core,
 d’altra colpa non reo, se non d’amore.
 SEMIRAMIDE
 Signor, risponderò; ma pria dal padre
1295al mio destin tutto si squarci il velo.
 SIMMANDIO
 Figlia, in Simmandio alfine
 riconosci Oropaste
 che in Ascalona un tempo,
 retaggio avito, ebbe comando e scettro.
 SEMIRAMIDE
1300Come! Non fu l’Egitto, ove le prime
 aure spirai di vita?
 SIMMANDIO
 No. Là ti trassi ancor bambina, allora
 che dall’armi fui vinto
 dell’assirio monarca.
 SEMIRAMIDE
1305Noi le rive del Nilo
 tenner due lustri.
 SIMMANDIO
                                   E vi saremmo ancora;
 ma Osiride, il cui nume
 della tua sorte consultai, m’impose
 qui ricondurti e qui soffrir disagi,
1310finché di tua grandezza
 per lunghe vie si maturasse il fato.
 SEMIRAMIDE
 Come fra’ tuoi potesti
 starti un decennio ignoto?
 SIMMANDIO
                                                  Il fuggir cauto
 popolo e corte, il lungo esilio, i vili
1315rustici panni, il grido
 sparso già di mia morte,
 tutto giovommi, e più gli dei propizi.
 SEMIRAMIDE
 A che sempre tacermi un tanto arcano?
 SIMMANDIO
 Temei che nel tuo cor fiamme svegliasse
1320d’ira troppo immatura
 il dolor de’ tuoi mali. A vendicarli
 tempo attendea; non mentirò; credei
 che Mennone, il più prode
 guerrier dell’Asia, in divenir tuo sposo,
1325alla nostra vendetta offrisse un braccio,
 per cui Nino tremar dovea sul trono.
 Ma non sì tosto balenò a’ miei lumi
 quel regio amor, che ne fa lieti, io vidi
 più sicuro al tuo fato aprirsi il calle;
1330e lo seguii.
 SEMIRAMIDE
                       Già disse il padre; ed ora
 a te, signor, risponderà la figlia.
 NINO
 Amor, reggi quell’alma e la consiglia.
 SEMIRAMIDE
 Se delle ingiurie atroci,
 che al mio regno, al mio sangue, a me facesti,
1335fosse cresciuto in me con gli anni il senso,
 tutta la tua grandezza
 non basterebbe a svellermi dal core
 quel desio di vendetta,
 con cui ragion si scuote e prende l’armi.
1340Ma troppo avvezzo è il guardo
 in te a veder non il crudel nimico
 ma il benefico amante; e quando solo
 nel risarcir del danno
 l’offensor si conosce, ira è impotente.
1345Me l’esempio del padre
 giustifica. Le offese,
 giunte appena all’idea,
 dono a un facile obblio
 e gradendo il tuo amor consolo il mio.
 SIMMANDIO
1350Ben risolvesti, o figlia.
 NINO
 Soavi accenti, onde ritorno a vita!
 Han pur fine le angosce e mia pur sei.
 SEMIRAMIDE
 E più godon ne’ tuoi gli affetti miei.
 BELESA
 Sia di tue gioie a parte
1355Belesa ancor.
 NINO
                           Siane anche Arbace. In lui,
 germana, un degno prezzo
 tu del mio amor ricevi e del tuo ancora.
 BELESA
 Me con più caro dono
 non potevi bear.
 ARBACE
                                 Felice or sono.
 NINO
1360Né di Aliso s’obblii l’opra ed il merto.
 La Siria...
 ALISO
                     No, mio re. Fasto e grandezza
 non occupa i miei voti. Allorch’è buona,
 l’opra è premio dell’opra. Io qui contento
 rimango e di Semira in questi mirti
1365il nome rileggendo,
 l’innocente amor mio
 di soavi memorie andrò pascendo.
 SEMIRAMIDE
 Mi sarà caro Aliso in ogni sorte.
 SIMMANDIO
 Che più tardiam? Ne attende
1370l’alma Venere al tempio.
 NINO
                                               Andiamo e duri
 di sì bel giorno eterna la memoria,
 così fausto al mio amore e alla tua gloria.
 CORO
 
    Donna forte ove trovar?
 Dice il volgo e non lo sa.
1375Ove accoppiasi a beltà
 la costanza e la virtù.
 
    Ov’è fede, ov’è valor,
 ove s’abbia eccelso cor
 che sovrasti al suo destin,
1380grande, invitto e qual l’hai tu.
 
 Il fine della «Semiramide»