Semiramide in Ascalona, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA V
 
 MENNONE e poi SEMIRAMIDE
 
 MENNONE
 Mennone, ch’è di te? Sei tu percosso
1005da folgore? È sì strano
 che una femmina inganni?
 Scuoti il gel dalle vene,
 lo stupor dalle membra.
 Hai con che vendicarti
1010di Nino e di Belesa.
 Semira... Eccola. O dio! Già mi confondo.
 Se mi udì, che far posso? Ove mi ascondo?
 SEMIRAMIDE
 Sì attonito m’incontra il valoroso
 Mennone dalla pugna? Egli pur vinte
1015avrà le insidiose
 lusinghe? Ei scettri offerti, ei regie spose
 accolte avrà con quel disprezzo istesso,
 con cui guardò Semira,
 vapor basso e vil ninfa, e l’Asia e Nino.
 MENNONE
1020(Tutto ella intese. Oh barbaro destino!)
 SEMIRAMIDE
 Oh di tutti i viventi uomo il più ingrato!
 Quant’è, pure a’ miei lumi
 Mennone si è svelato. Eran dispetto,
 inganno, tradimento
1025le gelosie, le smanie, i rei furori
 che per me tu fingevi.
 Mi volevi fedel, perché ministra
 fossi de’ tuoi pravi disegni. Ah, questo
 meritava io da te? Teco fui sola
1030nell’estrema fortuna. Io nel mio core
 la vittoria ti diedi
 sopra il maggior de’ re. Quando anche a tutti
 vil fossi stata e indegna,
 per Mennone io non l’era.
1035Ma grazie al ciel, tua iniquità mi assolve
 d’ogni dover. Finisco
 già la miseria mia ne’ tuoi spergiuri.
 MENNONE
 Che? Già pensi a corone? E la giurata
 fede a ritor?...
 SEMIRAMIDE
                             Della mia fé qual altra
1040cura ti preme? Sopra lei qual credi
 diritto aver? Tu me l’hai resa. Io posso
 disporne a mio talento; e farne omaggio
 posso a virtù, poiché di man la strappo
 a perfidia e a furor. Prenditi il solo (Trattosi di dito l’anello di Mennone, glielo gitta a’ piedi)
1045pegno che a me ne resta; e me non segua
 per te che eterno obblio. Già al tuo rimorso
 ti abbandono per sempre,
 se pur tanto non è dal reo costume
 quell’empio core sopraffatto e vinto
1050che ogni senso di colpa abbia già estinto.
 
    Sprezzai trono e amor di re,
 sinché il cor non vidi in te
 reo d’ingrata infedeltà.
 
    Tollerai rabbia e furor;
1055ma detesto ed ho in orror
 una perfida viltà.