Semiramide in Ascalona, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA II
 
 MENNONE e SIMMANDIO
 
 SIMMANDIO
 Duce, tu dopo il grave
 tuo fallo in Ascalona?
 Tu venirti ad espor di re oltraggiato
 all’ire, ancor nel primo impeto ardenti?
330Riedi, o Mennone, al campo;
 e con novi trionfi apriti ancora
 la via, che ti chiudesti, al regio affetto.
 Deh, così non fidarti
 nel passato favor. Meriti antichi
335fresca offesa cancella; e re sdegnato
 cerca ragion per non parere ingrato.
 MENNONE
 Grazie agli dii. Sì grande
 non è, qual io credea, la mia sciagura.
 Trovo in Simmandio il primo amico; e tolta
340non m’ha iniquo destin la tua pietade.
 Seguirò tuoi consigli e sovra i Battri
 vendicherò i miei mali.
 Ma fa’ che in faccia al campo
 giustificare io possa i miei trasporti.
345Dammi Semira e parto.
 SIMMANDIO
 Mia figlia? A te d’intorno
 stan rischi e pensi amori?
 MENNONE
 Solo amor fa i miei rischi; e tutto è vinto,
 se mi è data Semira.
 SIMMANDIO
350In lei, già tua rapina, il premio or cerchi?
 MENNONE
 Non reca offesa altrui chi il suo si toglie.
 SIMMANDIO
 Fan sempre ingiusto il fine i mezzi iniqui.
 MENNONE
 Tu più ingiusto saresti, ritrattando
 la giurata promessa.
 SIMMANDIO
355Ma a chi giurata? L’ebbe
 Mennone al suo signor caro e fedele.
 A qual tempo serbata?
 Dopo vinti i rubelli.
 Va’. Vinci i Battri; e fra le tue vittorie
360conta il regio favor, placane l’ira;
 sii ’l Mennone primiero; e tua è Semira.
 
    A chi manca amor di re
 manca tosto ogni altro amor.
 
    Pianta eccelsa intorno spande
365ombra grande
 e fa invito al passagger.
 Ma se perde il suo bel verde,
 sta negletta e vi ricetta
 solo il tarlo roditor.