Semiramide in Ascalona, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA V
 
 SEMIRAMIDE, ALISO, SIMMANDIO con seguito di pastori e di ninfe
 
 SEMIRAMIDE
 
    Quel guerrier che al campo riede,
170quel nocchier che il porto afferra,
 dopo l’armi e le tempeste,
 ha ragion, se n’è contento.
 
    Chi giammai di cure infeste
 non provò l’acuto morso
175poco intende e poco crede
 tutto il ben d’un godimento.
 
 Eravate già belle,
 già care a gli occhi miei, voi piagge apriche,
 e tu, diletto padre,
180e voi, compagne amiche.
 Ma da insidia e furor messa in periglio
 di non più rivedervi,
 quanto più vaghe or siete!
 Quanto più mi piacete!
 SIMMANDIO
                                             A me la sorte,
185figlia, de’ primi amplessi.
 SEMIRAMIDE
 Signore, io non sarei fra le tue braccia
 senza il valor di Aliso.
 ALISO
 lo il tuo esempio seguii. Di quegli audaci,
 chi al tuo dardo fuggì nel mio cadette;
190e son anche opra tua le mie vittorie.
 SIMMANDIO
 Deh, qual darò mercede al tuo valore!
 ALISO
 Quella, o Simmandio, che tu puoi, non curo;
 e quella, che vorrei, tu non potresti.
 Basta al fedele Aliso
195d’aver posta per te, bella Semira,
 quella vita in cimento
 che da’ primi anni suoi ti offerse in voto;
 e se un giorno dirai che de’ tuoi primi
 pudichi affetti egli non era indegno,
200tutto il premio otterrà dal tuo bel core
 chi per la tua grandezza
 tolse a sé la speranza e non l’amore.
 SEMIRAMIDE
 Aliso, in verun tempo
 obblio non coprirà le chiare fiamme
205che primo in me accendesti.
 Saresti mio; ma il fato
 si oppose. Ov’ei ne trae, seguirlo è forza.
 Ei sol far non potrà che alla tua fede,
 potendolo, io non dia lode e mercede.
 ALISO
 
210   Posso perderti e vo’ amarti.
 Se per me non è la sorte,
 sia la fede almen per me.
 
    Virtù avea per meritarti;
 volea amor che fossi mia;
215ma il destin mi tolse a te.