Semiramide in Ascalona, Vienna, van Ghelen, 1725

 SCENA IV
 
 MENNONE e ARBACE
 
 MENNONE
 Siam soli. Or dimmi, Arbace. Al disonore
 di un secondo rifiuto
770non vuol Mennone esporsi.
 ARBACE
                                                    (Oh fier cimento!)
 MENNONE
 Tu sai con qual rigor trattò Belesa
 il sincero amor mio.
 ARBACE
                                        Dovea scusarla
 il decoro del grado e quel del sesso.
 Vuol beltà esser pregata e vuol far prova
775di costanza in chi l’ama.
 MENNONE
 Ma si dolse ella poi del mio abbandono?
 ARBACE
 Ogni bella ha dispetto
 che una preda già sua di man le fugga.
 MENNONE
 Né Mennone era tal che in altro amante
780avesse a risarcir ciò che perdea.
 ARBACE
 (Oh! Risponder potessi). A lei più increbbe
 veder che le togliea spoglia sì illustre
 una semplice ninfa.
 MENNONE
 Arte fu di vendetta il nuovo amore.
 ARBACE
785Non amasti Semira?
 MENNONE
                                         Anche a Belesa
 qualche arcano del cor vo’ che si serbi.
 Ma qual pegno mi dai ch’ella pentita
 a le mie nozze assenta?
 ARBACE
 Per suo comando io le proposi a Nino,
790tanto la prese la pietà di lui.
 MENNONE
 E forse amor v’ebbe gran parte, Arbace.
 ARBACE
 (Questo è ’l grave pensier che più mi rode).
 MENNONE
 Andiamo a trionfar di quell’altera
 e là risolverò. Già del mio petto
795sortì doglia, timor, rabbia, dispetto.
 
    Usignuolo, che egro e mesto
 già miravi al dolce nido
 star d’intorno angue funesto,
 non sì lieto il canto e ’l volo
800snodi e spieghi al suo partir.
 
    Qual per gioia in sen mi balza
 la poc’anzi alma dolente,
 or che sente dileguarsi
 la rea turba del martir.