Semiramide in Ascalona, Venezia, Marciana, parzialmente autografo

 SCENA III
 
 ALISO e i suddetti
 
 ALISO
 Al tuo sdegno lo toglie,
 sire, il suo delirar. Fremente il vidi
 uscir da la tenzone e d’uno in altro
1140oggetto ripassando,
 ora immobile starsi, or furibondo
 correr qua e là né saper dove. Il nudo
 acciar, che in mano ancor tenea, d’un colpo
 spezzò ad un sasso; lacerossi il manto;
1145l’elmo gittò; né valsi
 quindi a seguirlo, ove per campi e balze
 il suo pazzo furor ratto il trasporta.
 ARBACE
 Stiasi con le sue furie.
 SEMIRAMIDE
                                           O lui beato,
 se più non torna al senso de’ suoi mali.
 NINO
1150Or che dirai, Semira? Ecco i pretesti
 col tumulto già spenti.
 SEMIRAMIDE
 No. Ciò ch’oggi si osò, mi lascia in tema
 de l’avvenir. Penuria
 d’alme facinorose
1155non v’è mai negl’imperi. E ch’io al tuo letto
 rechi in dote discordie, onte, perigli?
 Perdonami. Amo Nino
 ma più la gloria sua, più ’l suo riposo.
 NINO
 E deve anche il tuo amor farmi infelice?
 SEMIRAMIDE
1160Forse tale io non son qual mi si crede.
 Simmandio ha qualche arcano
 taciuto anche a la figlia.
 Forse al suo re nol tacerà. Tu vinci
 sue renitenze. Il mio destino intendi;
1165e quando io nobil sangue ed avi eccelsi illustri
 possa ostentar dal trono,
 sarà mio impegno anche un portarvi un core
 che su l’orme del tuo giunga a l’estremo
 confin de la grandezza e de l’onore.
 NINO
1170Andiamo, Arbace. Un’anima sì grande eccelsa
 smente i bassi natali.
 ARBACE
 L’aquile generose
 non nascon che da l’aquile reali.
 NINO
 
    Rigida sei; ma ancora
1175rigida m’innamora,
 cara, la tua beltà.
 
    Tu poi non esser tanto
 in tua virtù severa
 ch’ella ne perda il vanto
1180e passi in crudeltà. (Entra con Arbace nel tempio)