Gianguir, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA ULTIMA
 
 SEMIRA e COSROVIO con guardie e i sopraddetti
 
 SEMIRA
 Poco a soffrir ne resta. Estremo male
 questo ha di ben, ch’è breve.
1455Vincer non puossi, tollerar si deve. (Si avanzano verso il trono. Qui comincia a calar dall’alto e a dilatarsi all’intorno una densa oscura nuvola che, in gran globo aggirandosi, venga ad ingombrare tutto il prospetto della scena. A poco a poco dipoi essa dileguandosi, darà luogo alla veduta di luminosa macchina che scende pure dall’alto, rappresentante la reggia del Sole, deità adorata dagl’Indiani, col gran circolo del zodiaco all’intorno ed altri simboli di essa deità)
 GIANGUIR
 Alza gli occhi, o rea coppia, e meco in trono
 vedi il giudice tuo. Spoglio me stesso
 del mio poter. Tutto il depongo in lei,
 per cui cotanto avesti odio e disprezzo.
1460Ella vendicherà figlia e fratello
 e marito e sé stessa; e se mai pena
 trovar saprà che i vostri falli adegui,
 fin la più atroce sembrerà pietosa.
 SEMIRA
 Qualunque sia, già siam disposti. Morte
1465di tutto è il fin.
 COSROVIO
                               Sultana,
 dir ben puoi che sia giunto
 al sommo di sua gloria
 quel genio fortunato, onde hai l’impero
 sul maggior de’ monarchi. Ecco in tua mano
1470la sorte di due vite, a dar le leggi
 nate, non a soffrirle. Or puoi col manto
 ricoprir di giustizia ira e vendetta.
 SEMIRA
 Cosrovio...
 COSROVIO
                       E anch’io potrei
 da tua sentenza a quella
1475degli uomini appellarmi e degli dei.
 Ma questa mel divieta,
 sola di me regina. Io soffro e taccio.
 ZAMA
 Se dal vostro e mio re portata al trono,
 non avessi già appreso
1480a regnar in me stessa, invan per gli ostri
 dal più ignobile volgo andrei distinta.
 Voi per me non nudriste
 che dispregio e livor. Rispetto e stima
 non mi ottenne grandezza;
1485me l’acquisti virtù. Scordo le offese;
 e quanto opraste iniqui,
 tu del tuo re, tu del tuo padre in onta,
 vuol quel gran cor ch’io vi rimetta e doni,
 a te, che genuflesso
1490vide a’ suoi piedi, e a te, che spinta all’ire
 fosti dal duol de’ già sofferti danni.
 E accioché al vostro amor nulla più turbi
 le speranze e i riposi,
 l’un dell’altra godete, amanti e sposi. (Scendono i due sultani dal trono)
 SEMIRA
1495Da sì eccelsa bontà sorpresi e vinti,
 condanniam que’ rancori
 che giusti ne parean. Non l’avria fatto
 la pena e il fa il perdono.
 O magnanima donna, o nata al trono.
 COSROVIO
1500Io che dirò, gran padre? Io che, regina?
 Grazia trovar dove attendea gastigo!
 O clemenza che colma
 me più di orror, voi più di gloria!
 GIANGUIR
                                                               Figlio,
 sii in avvenir più cauto.
1505Doma fasto, ira vinci; e ben ti guarda
 da ricader per colpa in novi mali.
 Abbiano in te, Semira,
 più poter le recenti
 che le antiche memorie; e in voi, miei fidi,
1510cessi ogni affanno; e qual lassù scorgeste
 a scure e dense nubi
 succeder poi, di miglior luce adorno,
 dell’India il maggior nume, autor del giorno,
 or godete in mirar che, spenta alfine
1515ogni torbida face,
 riede a noi lieto amore e stabil pace.
 COSROVIO
 Per quai vicende a tanto ben siam giunti!
 SEMIRA
 Piacque agli dii nostra costanza e fede.
 MAHOBET
 Quanto di vostra sorte esulto anch’io!
 ASAF
1520(Datti omai pace. Altro non puoi, cor mio).
 GIANGUIR
 Con la pompa si onori
 un così fausto giorno, in cui di tanti
 nimici trionfai.
 TUTTI
 Più bel giorno al Mogol non sorse mai.
 CORO
 
1525   Per man della gloria
 ne’ fasti si scriva
 la lieta memoria
 di un dì sì beato.
 
    E quei che verranno
1530intendan che al regno
 monarca più degno
 dal ciel non fu dato. (Gianguir e Zama vanno a sedere sul trono; e sotto loro pur siedono prima Cosrovio e Semira e poi Mahobet ed Asaf. Scendono intanto dalla macchina i seguaci del Sole, divisi in quattro squadriglie, le quali figurano ne’ loro abiti e movimenti le quattro stagioni dell’anno, e intrecciano fra di loro una danza allegra e bizzarra)
 
 Il fine del «Gianguir»