Gianguir, Vienna, van Ghelen, 1724

 SCENA VI
 
 SEMIRA e i suddetti
 
 SEMIRA
1375(Che veggo? Il figlio a’ piè del padre? E in mano
 al padre il ferro ignudo?)
 Cosrovio, a qual viltade (Alla voce di Alinda, Gianguir rivolta la faccia e Cosrovio si leva)
 indur ti lasci da un timor di morte?
 Supplice reo fa gloria ad un tiranno,
1380pietà non mai. Sostieni
 con fortezza il destin. Son teco anch’io.
 Sì. Qui vengo, o sultan, non per salvarlo,
 me di tutti aggravando i falli sui
 che miei pur son, ma per morir con lui.
 COSROVIO
1385Che festi, o dio! Semira? Ed in qual punto
 giugnesti? Io chiedea morte; e di riposo
 m’era il lasciarti in vita.
 SEMIRA
 Era egli giusto? A chi ben ama, i mali
 son comuni ed i beni.
1390Gianguir, l’alma di lui con l’alma mia
 odio congiunse e amore.
 Non le divida il tuo furor. Di un figlio
 feci un ribel. Se vivo,
 ti farò altri nemici. Io ne ho ’l potere.
1395Guai per te, se mi lasci un breve instante,
 in cui dover mi sproni,
 oltre del padre, a vendicar l’amante.
 COSROVIO
 Non l’ascoltar...
 GIANGUIR
                               Troppo anche udii. Contenti
 saran, perfida coppia, i vostri voti.
1400Ne la reggia maggior tratti a l’aspetto
 d’altro giudice sien. Comune intanto
 e rimorso vi lascio e tema e pianto.
 
    Un padre che condanni è troppo barbaro,
 che assolva è troppo debole.
1405Un altro, anime ree, giudice avrete.
 
    Ma tal che in faccia a lui, per quanto siate
 fiere, ostinate e perfide,
 confondere e tremar vi sentirete.