Faramondo, Venezia, Nicolini, 1699

 SCENA XXI
 
 TEOBALDO, CLOTILDE, ADOLFO e detti
 
 TEOBALDO
 (Aimè! Tradito io son).
 GUSTAVO
                                             Non fu mio figlio?
 CHILDERICO
 Tel confermi Teobaldo. Ei gli fu padre.
 GUSTAVO
 Childerico, il tuo capo
 mi placherà, se menti.
 CHILDERICO
1590Non rifiuto la pena.
 TEOBALDO
                                       Astri inclementi.
 GUSTAVO
 Dimmi, rea di più colpe, anima infame,
 qual fu Sveno? Chi padre
 gli fu? Perché ingannarmi? Il tuo timore
 già ti accusa al mio sguardo, o traditore.
 TEOBALDO
1595Perdon ti chiedo.
 GUSTAVO
                                  Parla.
 TEOBALDO
                                               Io fui di Sveno
 padre.
 GUSTAVO
                Ma come? E quando?
 TEOBALDO
                                                         E lunga e molta
 serie di casi in brevi note ascolta.
 De la guerra fatal, mossa da’ Cimbri
 contumaci al tuo scettro,
1600ben ti dee sovvenir. Fu alor che nacque
 Sveno. Te chiama a l’armi
 il periglio e la gloria; e a la mia fede
 è commesso il bambino.
 Pugni, vinci e ritorni. Amor di padre
1605alor m’insegna i mal orditi inganni.
 Vago che un dì regal diadema in fronte
 sfavillasse a un sol figlio,
 che in pari età m’avea concesso il cielo,
 in luoco del tuo Sveno, il mio ti porgo.
1610Tuo lo credi, tuo l’ami e tuo lo piangi,
 quando l’odi trafitto.
 Ma più misero padre,
 io piango la sua morte e ’l mio delitto.
 ADOLFO
 Che strani eventi!
 GUSTAVO
                                    E del mio figlio, iniquo,
1615qual fu la sorte?
 TEOBALDO
                                Ei vive.
 Tel rendo in Childerico e a me perdona.
 CHILDERICO
 Io quel?
 GUSTAVO
                   Ma chi m’accerta
 che tu ancor non m’inganni?
 TEOBALDO
                                                       Il mio dolore,
 l’odio mio tel confermi.
1620Perch’era padre a Sveno,
 l’uccisor volea morto.
 Perché non l’era a Childerico, io stesso
 bramar potea che ne versassi il sangue.
 GUSTAVO
 Figlio.
 CHILDERICO
               Padre, mio re.
 GUSTAVO
                                           L’indole eccelsa
1625mi ti addita e ’l mio cor. Tanta virtude
 non potea d’un tal padre esser mai figlia.
 Pur t’’abbraccio.
 ADOLFO e CLOTILDE
                                 O contento!
 FARAMONDO, GERNANDO
                                                         O maraviglia!
 GUSTAVO
 D’un mio figlio la vita
 fa vano il giuramento. Or, Faramondo,
1630vivi e scorda i tuoi mali. Or ti concedo
 Rosimonda in isposa ed ella ommai
 venga a goder di sì felici eventi.
 FARAMONDO
 Non mi opprimete il cor, dolci contenti;
 sol Gernando il tuo amor...
 GERNANDO
                                                   Vani rispetti.
1635Sia pur tua Rosimonda.
 La colpa mia già me ne rese indegno;
 né ti dee minor prezzo
 un re cui desti e libertade e regno.
 GUSTAVO
 Ommai l’illustre scena,
1640che tragico apparato esser dovea
 al cader del gran re, popoli, or sia
 spettacolo giulivo a la sua gloria.
 Tutta cada in Teobaldo (Qui principia a comparir la machina)
 l’ira e mora il fellon.
 CHILDERICO
                                        No, viva; il dono
1645che ti richiedo è questi.
 GUSTAVO
 Viva sì, che al suo inganno
 io sol devo l’onor del mio perdono.
 CLOTILDE
 Sposo, germano, or sì felice io sono.